Debito di sangue

pubblicato da Ticino Sette # 20 - 17.5.13

La riduzione delle forniture di sangue agli ospedali del paese ellenico da parte della Croce Rossa Svizzera pone importanti questioni etiche e di opportunità. Perché proprio ora? Quali le implicazioni umanitarie e finanziarie? Quali i retroscena internazionali?

"Quando la Croce Rossa dice che non vende il sangue mi fa diventare matto. È come se un centro commerciale dicesse che ti fa pagare solo il contenitore e non il latte". (1) Questa dichiarazione dell'ex direttore della Central Illinois Blood Bank, Richard D. Crowley, riassume bene il nodo della questione che ha fatto il giro del mondo a fine febbraio.
La Croce Rossa Svizzera (CRS), assieme al servizio trasfusionale di cui porta il nome (Trasfusione CRS Svizzera Sa) e all'azionista Blutspendedienst SRK Bern Ag (il servizio regionale del canton Berna) hanno infatti deciso di ridurre progressivamente, dal 2015 al 2020, le forniture di sacche di globuli rossi (in gergo "concentrati eritrocitari") agli ammalati greci di talassemia, una forma di anemia ereditaria che tocca circa il 10% della popolazione.
Questo un mese dopo l'allarme lanciato dalla Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (di cui la CRS è membro) sulla crescente povertà in Europa a causa della crisi finanziaria, di cui la Grecia è - com'è noto - uno degli esempi più drammatici. Dalle circa 30 mila sacche fornite attualmente, ne verranno ridotte circa 2'500 l'anno, fino al dimezzamento nel 2020. Poi si vedrà.

"Nell'interesse dei due paesi"
Il sangue della CRS fornito alla Grecia proviene unicamente dal canton Berna: è quello che per prassi viene raccolto in eccesso (in caso di incidenti gravi, ecc.) e di cui gli ospedali - per fortuna - non necessitano. Essendo il sangue deperibile (si può conservare al massimo per 42-49 giorni), piuttosto che buttarlo via lo si invia a scopo umanitario. Dove? "All'Ospedale Agia Sofia di Atene, che segue con trasfusioni regolari più di mille giovani pazienti talassemici", spiega a TicinoSette Damiano Castelli, direttore medico del Centro trasfusionale CRS di Lugano, nonché delegato della CRS nelle recenti trattative col governo ellenico. Il progetto umanitario risale agli anni '70: perché modificarlo proprio ora? Non siamo i soli a domandarcelo.
L'ha fatto in marzo anche Pierre-Alain Fridez, parlamentare socialista a Berna. Risposta del Consiglio Federale: "se il programma di riduzione dell'invio dei prodotti sanguigni alla Grecia è dovuto a ragioni finanziarie ed economiche, non riflette la mancanza di solidarietà, come mostra la volontà della CRS di sostenere dei progetti per migliorare l'auto-approvvigionamento della Grecia".
Nel suo comunicato, infatti, Trasfusione CRS Svizzera dice che la misura è "nell'interesse dei due paesi": la Svizzera "potrà salvaguardare la riserva d'emergenza anche in caso di forniture alla Grecia ridotte della metà", la CRS continuerà la sua missione umanitaria finanziando dei progetti in loco, la Grecia "dovrebbe ridurre la dipendenza" con la Svizzera. L'uso del condizionale, come vedremo, non è casuale.

"Rischi finanziari"
Il fatto che la decisione sia di natura finanziaria ha fatto storcere il naso a molti. A TicinoSette il direttore di Trasfusione CRS Svizzera, Rudolf Schwabe, dichiara: "in certe fasi la Grecia ha avuto dei ritardi nei pagamenti superiori a 2 milioni di franchi, ma queste somme nel frattempo sono state saldate".
La fattura, di circa 5 milioni di franchi, riguarda la raccolta, l'analisi, la "lavorazione", la conservazione, la spedizione e la vendita a prezzo di costo del sangue. Una fattura infima rispetto ai problemi del paese ellenico, ridicola per la ricca Svizzera. Ancora Schwabe: "questi rischi finanziari hanno portato le nostre autorità di sorveglianza (consiglio di amministrazione, CRS, Confederazione, ndr.) a ripensare il programma di assistenza esistente e a ridurlo a medio termine".
Schwabe va oltre: "ciò che è innegabile è che nulla ci garantisce che le future forniture di prodotti sanguigni potranno effettivamente essere pagate". Se è vero che nessuno ha la sfera di cristallo, a quali rischi reali si sarebbe esposta, a medio termine, l'ente trasfusionale elvetico? "Non riceviamo nessun indennizzo finanziario dai poteri pubblici" dice, quindi "se un ente no-profit non è in grado di coprire le entrate corrispondenti, può anch'esso venir minacciato di fallimento".
La crisi che ha messo in ginocchio la Grecia è però la stessa che ha rischiato di far fallire i colossi bancari elvetici, eppure nel 2008 la Confederazione non ha esitato un attimo a salvarli. Dovremmo forse credere che lascerebbe fallire un ente umanitario che salva delle vite umane?

Un monopolio ingombrante
Perché mai la CRS, azionista di maggioranza dell'ente di trasfusione, non si limita a raccogliere il prezioso liquido donato gratis e ad affidare il resto all'industria? Se infatti in altri paesi intervengono anche degli enti privati o dei sistemi misti (privato-pubblico), nel nostro la CRS, tramite i 13 centri regionali di trasfusione (anch'essi azionisti di Trasfusione CRS Svizzera) detiene il monopolio.
Il sistema è ovviamente no-profit, ma viene gestito a mo' di "azienda": basta leggere i resoconti annuali e i termini usati per rendersene conto. La "macchina" è molto ben oliata: mentre la centrale di Berna coordina la fornitura di sangue e gli aspetti finanziari, ogni "filiale" autofinanzia il proprio personale e i propri costosi macchinari cercando più donatori del necessario. Come? Vendendo i componenti del sangue prioritariamente agli ospedali svizzeri (concentrati di globuli rossi) e all'industria dei farmaci (plasma fresco congelato).
Commenta Castelli: "il plasma che abbiamo in eccesso e non viene utilizzato dai nostri ospedali dobbiamo pur piazzarlo da qualche parte, ma ne faremmo volentieri a meno. I 130 franchi al litro non ci coprono i costi e le energie che dobbiamo dedicare a questo esercizio". Le esigenze di sicurezza imposte dalle autorità e dall'industria (vedi lo scandalo delle trasfusioni infette da Hiv negli anni '90) generano sempre più costi, ma se il servizio non viene pagato (o pagato in ritardo) alla "filiale", si crea un problema di bilancio che si ripercuote su tutto il sistema. Ed è esattamente quello che è successo con la Grecia.

Scorte sì, scorte no
Avere riserve di sangue vuol dire non dipendere da nessuno e poter coprire i casi di emergenza nazionali. Ma se gli ospedali ne hanno (per fortuna) meno bisogno, il suo rapido deperimento diventa un problema per Trasfusione CRS Svizzera. Si dice cioè che sono importanti, però è meglio sbarazzarsene.
Eduard Belser è stato il presidente del consiglio di amministrazione di Trasfusione CRS Svizzera dal 2005 al 2012. Andando a leggere le sue parole del 2009 si capisce meglio: "il tasso di scadenza dei nostri prodotti principali, i concentrati eritrocitari, è rimasto inferiore all'1% (...). A confronto, i tassi di scadenza registrati all'estero variano tra il 5 e il 7%". E ancora: "il debole tasso di scadenza, unitamente all'aumento del prezzo dei concentrati eritrocitari (...) e alla gestione dei costi efficace, hanno contribuito alla buona salute finanziaria dei Servizi regionali di trasfusione sanguigna e di Trasfusione CRS Svizzera".
Nel 2011 la traduzione in italiano è forse infelice ma molto esplicita: "la crisi finanziaria in Grecia è un'occasione affinché le parti in causa verifichino come si possono soddisfare le esigenze reciproche con il minor numero di rischi". Le autorità e l'industria impongono sempre maggiori criteri di qualità e di sicurezza del sangue a carico delle "filiali": per questo il prezzo di vendita agli ospedali aumenta, ma allo stesso tempo fa quadrare i bilanci delle "filiali".
Il rincaro l'ha deciso nel 2005 il Dipartimento federale dell'interno, tramite l'Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) allora diretto da Thomas Zeltner. Zeltner oggi è il nuovo presidente di Trasfusione CRS Svizzera.

Relazioni pericolose
Fino al 2000 la CRS era direttamente coinvolta nel business dei farmaci a causa di un suo laboratorio a Berna, un'enorme azienda con oltre 700 dipendenti, una cifra d'affari di 260 milioni di franchi (2) e fitti rapporti con le grande case farmaceutiche, sempre più potenti e competitive. Troppo imbarazzante.
La CRS lo vende, in modo più o meno opportuno, al colosso farmaceutico australiano CSL Behring, oggi numero uno al mondo per certi farmaci vitali a molti pazienti, forniti ovviamente anche agli ospedali indebitati della Grecia.
CSL fece del laboratorio la sua filiale svizzera, mentre dal 2011 a dirigere il Blutspendedienst SRK Bern Ag c'è, guarda caso, un ex manager delle vendite globali di CSL, Daniel Albrecht. Il plasma raccolto da questo servizio no-profit contribuisce ai profitti miliardari di CSL, ma Trasfusione CRS Svizzera non ci vede problemi.
A TicinoSette l'ente dice che i profitti di CSL in Grecia sono minimi e loda Albrecht come manager che viene dall'industria. Come tutte le multinazionali, anche CSL si è dotata di un codice di responsabilità, eppure ha licenziato centinaia di impiegati, è stata sospettata di accordi cartellari coi prezzi dei medicinali (accusa che ha sempre respinto), e nel 2012 più la Grecia sprofondava nella morsa dei prestiti, più i suoi azionisti guadagnavano soldi. (3)
Ma che fine hanno fatto i 700 milioni di franchi che la CRS ha incassato da CSL? Sono finiti nella "Fondazione Umanitaria CRS" di cui colpisce un particolare: il capitale è stato convertito in un fondo istituzionale da far fruttare sui mercati finanziari. Nel 2008, per ironia della sorte, la crisi che piega in due la Grecia arreca una perdita di 117 milioni di franchi anche al fondo della CRS. (4) Ma l'etica in tutto questo?
Dice a TicinoSette il presidente della fondazione Dieter Weber: "gli investimenti rispondono a dei criteri etici e sociali, così come a degli stretti criteri di sicurezza", mentre "non c'è nessuna contraddizione etica tra il carattere dell'organizzazione a scopo umanitario e no-profit della Fondazione e l'investimento del suo capitale".

L'ombra della "troika"
Le scadenze imposte dai creditori internazionali ("troika") alla Grecia, in cambio degli aiuti miliardari, hanno comportato pesanti tagli alla spesa sanitaria e farmaceutica, con conseguenze anche drammatiche. Tra i servizi sanitari colpiti, afferma la stampa locale, ci sono anche i centri di trasfusione: "molte unità ospedaliere di donazione del sangue sono chiuse nei pomeriggi e nei fine settimana a causa dei tagli al personale e ai fondi, come parte dei risparmi maggiori imposti dai creditori internazionali".
Altre fonti locali raccontano: "a causa di problemi finanziari, in Grecia i centri del sangue hanno ridotto i loro servizi e il cibo fornito ai donatori volontari. Questa è una delle ragioni per cui la gente non dona il sangue".
Trasfusione CRS Svizzera ai media ha sempre ribadito la bontà della decisione a medio termine e che non ci saranno conseguenze umanitarie. C'è solo da credergli. Ma è stata tagliata anche la spesa farmaceutica degli ospedali e qui il dubbio da sciogliere è uno solo: le sacche di globuli rossi della CRS rientrano o no tra questi risparmi? Se così fosse, la Grecia avrebbe soltanto obbedito alla "troika", inducendo così l'ente elvetico a rivedere l'accordo.
Schwabe a TicinoSette afferma: "non disponiamo di informazioni" in merito, ma "supponiamo che le consegne di prodotti sanguigni non figurano nella lista della Troika". Tuttavia, diversamente da quella europea, la legge svizzera considera i globuli rossi (in gergo "emoderivati labili") come dei "medicamenti", cioè dei farmaci. Il dubbio rimane: l'ente elvetico venderebbe dei farmaci alla Grecia?

Le sfide della Grecia
Secondo varie fonti i motivi per cui la Grecia non è mai riuscita a raggiungere l'autosufficienza di sangue, sarebbero culturali, finanziari e politici. Chi lavora nelle "banche del sangue" elleniche parla di freni socioculturali importanti tra i donatori.
Zoe Boutsioli, esperta di politica sanitaria greca, afferma che da 30 anni ormai "il finanziamento dei servizi di assistenza sanitaria in Grecia è una questione ambigua".
Christos Protopappas, presidente della Federazione panellenica dei donatori di sangue, denuncia lo spreco ogni anno di oltre 12 milioni di euro di sacche di sangue perché conservate male . Intanto i nuovi aiuti finanziari promessi dalla Svizzera non sono ancora realtà.
A TicinoSette Schwabe parla solo di "dichiarazioni" che "sono già iniziate". Castelli conferma: "il progetto 'Grecia' è ancora in fase di studio e di definizione anche per quanto concerne gli aspetti finanziari". I soldi proverrebbero o dai tre enti svizzeri coinvolti dall'accordo o dalla Fondazione Umanitaria CRS. Ma per ora Weber frena: "non c'è nessun legame tra questo progetto e le attività della Fondazione".
Forse è soltanto presto, ma le sfide della Grecia sono tutte in salita. Tra queste: è possibile "importare" la rigida efficienza elvetica nel caotico paese mediterraneo? Come si fa ad uscire da decenni di dipendenza dalla CRS in soli cinque anni? Come si trovano nuovi donatori in uno dei paesi europei con più anziani e meno giovani?

Note:
(1) In Black Markets: The Supply and Demand of Body Parts, Michele Goodwin, Cambridge Press (2006).
(2) Le Temps (online), 2.5.2001.
(3) Nell'articolo originale scrivo anche di CSL che "ha messo in commercio farmaci pericolosi" (vedi ad esempio qui).
(4) Tutte queste informazioni si trovano qui.