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Pronto intervento, nuove critiche

pubblicato da L'Inchiesta #2 - marzo 2012

Un uomo disperso nei boschi di Lumino in gennaio poteva essere trovato subito, ma la concorrenza e l'assurda burocrazia tra il Soccorso alpino svizzero e l'Alpin Rescue Team hanno messo in pericolo la sua vita...

Troppa burocrazia, sovrapposizioni, spreco di soldi pubblici ed errori sottaciuti. Nel maggio 2011 L'Inchiesta aveva denunciato varie lacune nel Pronto intervento. Gli enti interpellati (pompieri, ambulanze e Rega) avevano smentito o sminuito, tranne Floriano Beffa, presidente del Soccorso alpino ticinese (Sati), sottosezione del Soccorso alpino svizzero (Sas).

Ma ora, dopo il caso del 71enne di Lumino, Beffa torna a ribadire le proprie perplessità. Per ben due giorni, quattro distinti enti di soccorso (polizia e unità cinofile, pompieri di Bellinzona, il Sati con alcuni cani e la Rega, coordinati dalla polizia ticinese) non sono riusciti a trovare il disperso, fermatosi poco lontano dal paese e rimasto in vita solo grazie al tempo mite.

Fino a domenica sera, infatti, quando sono state udite grida di aiuto, nessun esito. Risultato: lunedì mattina 9 gennaio, un solo soccorritore del Sati col suo cane dell'Alpine rescue team (Art) ha ritrovato l'uomo. E i contribuenti potevano risparmiare soldi: un professionista ha fatto il lavoro di polizia, pompieri, soccorritori e Rega.

«Critico il monopolismo e la struttura troppo accentratrice del Sas, che non ha permesso alla direzione dell'intervento della stazione di Bellinzona di mettere in campo tutte le risorse possibili, anche esterne, per ritrovare nel minor tempo possibile il disperso», dice Floriano Beffa a L'Inchiesta.

Tanti cani ma poco buonsenso
Quali cani utilizzare sembra essere il motivo della disputa. «Tre cani Art erano a Lumino pronti a intervenire» già nei primi minuti di sabato sera, ha scritto polemico Beffa ai media, ma il Sati di Bellinzona, diretto da Mattia Sansossio, ha «preferito fare calate notturne lungo le pareti rocciose», denuncia il presidente del Sati.

Il motivo è burocratico più che pratico: l'uso di cani Art non è consentito dal Sas, perché «brevettati all'operatività di gruppi che fanno ricerca all'estero», spiega Beffa. Questi cani sono «formati secondo criteri diversi rispetto a quelli del Sas» che sono istruiti con metodi «obsoleti», aveva scritto.

Forse questo spiega l'iniziale insuccesso. La stessa polizia cantonale ticinese afferma che il suo "cane molecolare" (della famosa razza Bloodhound) ci azzecca solo nel 40% dei casi.

Mattia Sansossio ha smentito pubblicamente una presunta disorganizzazione. Ha rimandato la palla alla polizia cantonale e ha tacciato Beffa di voler promuovere i cani dell'Art, di cui Beffa è membro.

Sta di fatto che anche la polizia si è dovuta arrendere a questa incongruenza burocratica. «Il via libera per l'utilizzo del cane dell'Art è stato giustamente dato da un ufficiale della polizia cantonale», dice Beffa.



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