Ticino-Salento. Giù e su

pubblicato da Ticinosette #35 - 29.8.14

Reportage - Resoconto di una vacanza “on the road” verso il caldo e il mare. Tra osterie alla mano e gli immancabili autogrill, sosia di Lino Banfi, colline lussureggianti, sole, spiagge... e un lieto fine....

Sentirsi un po' Kerouac, un po' Miller, soltanto un po', ma comunque sulla strada, ecco. Oltre duemila chilometri d'asfalto bruciato, spensieratezza e sorprese. Via da un luglio pazzo qui a settentrione, verso quel sole nascosto da qualche parte dentro noi "svizzeri meridionali". Tangenziali milanesi e caselli, oltre il prosciutto di Parma, oltre l'aceto di Modena, ciao Bologna, l'autostrada a centotrenta e il mare che fa capolino dallo spartitraffico di oleandri in fiore.

Le Marche e la purezza salentina
Stazione di servizio, pausa sete, fame e gabinetto, ma la crisi non si placa e degli italiani vendono tre paia di fantasmini a cinque euro. Chiudiamo l'auto a mano e non a distanza: c'han detto di stare allerta. Anche in vacanza. Mai viste le belle Marche noi, che son colline di grano arato e di sterminati campi di girasole. A San Severino è la sera di Svizzera-Argentina nel bar del paese. Un gruppo di giovani bianco-azzurri è qui ad imparare la nostra lingua, la batosta è in agguato, rete, esplode la gioia, volano sedie e tavolini. Ci sfottono ma sarà gioco leale e ci si darà la mano. Finiamo al ristorante con l'Orfeo che ama il vino bianco e con due signore argentine.

Notte in campagna. Poi sarà tappa a Loreto tra i pellegrini della Madonna patrona degli aviatori e, speriamo, anche di noi automobilisti. Per la cena da Silvio sulla scogliera ci perdiamo, ma il garçon del ristorante ci viene a cercare in auto, manco fossimo persone importanti. Roba che da noi... Riecco lo strano vezzo italiano del "coperto" al ristorante. Un salto a Macerata e c'è la bellezza di Palazzo Buonaccorsi. Poi Pescara, il Gargano, Foggia, Bari e i trulli. Le indicazioni stradali sembrano fatte apposta per sbagliare. Certi camionisti ci fanno venire i capelli grigi.

Litoranea di Brindisi, poi Lecce, Maglie ed eccoci nel paese col nome più "divertente" del mondo: Depressa. L'amica salentina ha preferito la vivace semplicità della sua terra alla noiosa opulenza di Lugano. Il tramonto serale è da film, come pure il parco antistante della strana famiglia Winspeare. Taralli, birra Peroni a ottanta centesimi, sugo casereccio, "friselle" e rosato Castel di Salve. Alla paiara, vista mare tra cactus e ulivi, la caletta di Acquaviva, scogli taglienti, ricci e pomodori marini, indigeni con la "cicciammare", padri che sbattono e grattano polpi sul cemento a mo' di pubblicità D&G e ci vien da ridere.

La costa dell'Albania è vicina e la radio ce lo ricorda. Spigole fresche (ma greche) alla brace, fritture miste, spritz alla Chianca dove i camerieri sono incapaci di darti del "tu", dove tutti sanno di tutti ma nessuno deve sapere di niente. Ottimi piatti per pochi euro e qualche fregatura (chiedi sempre il prezzo prima). La "grotta verde" dopo il temporale è un cumulo di rifiuti da crociera ma ci buttiamo lo stesso. Certa edilizia abusiva è mostruosa. La "Costa Concordia" fa notizia: Italia disastrosa, Italia prodigiosa. Notti di fari dei pescatori e delle navi cargo, notte di uno strano mollusco che ci viene a salutare. Sagre di ogni tipo, festa reggaeton in pineta, pizzica a Castro, pomposissime luminarie a Scorrano. "Pezzetti" di cavallo e parecchia ciccia infantile. Tramontana o Scirocco giù sulla punta del tacco, dopo Leuca, sulla spiaggia libera che fu di Pescoluse. Nottata a Lecce, all'osteria di Angiulino, fave e cicoria, sagne e ciceri. Un salto a Otranto ma la movida è altrove.

Verso il Gargano
Okay, l'accento di Lino Banfi nei film anni Ottanta è davvero caricaturale. Ciao Pietro, geometra triste ma di cuore, le tue cozze marinate e la tua pescatora al nero di seppia. Senz'auto ti perderesti la magnifica Baia dei Turchi e la costa del Gargano dobbiamo meritarcela: ci tocca tutta la suggestiva Foresta Umbra di notte a cinquanta all'ora. A Rodi è la "non-spiaggia", bagno Rino concessione numero 54, frastuono di radio commerciali e quasi non senti il mare. Gli ambulanti del Bangladesh tirano il loro carro zeppo di stoffe e pelli invendute. Sotto un cielo plumbeo sembro l'unico svizzero felice di salutare due svizzeri (zurighesi) in furgone. A volte ci spacciamo per comaschi. Mah.

Faraglioni, grotte scavate nel tufo e trabucchi li vedi solo in barca, mentre l'erede di Banfi spara cazzate ai turisti sul "teschio del gigante", sulle immagini sessuali nel tufo e c'è persino Padre Pio. Ma la sosta è magica: mare verde sopra pietruzze levigate. Cena mai dopo le ventidue, altrimenti c'è "solo" la grigliata mista. Le Tremiti chiamano, come le canzoni del buon Dalla che c'aveva tre ville, la barca si chiama "Freccia Azzurra" ma ci mette un'eternità. Frontalmente la scogliera di San Domenico è bella, da dietro è un po' discarica per ristoranti. Sfuggiamo la calca domenicale con un gommone verso un isolotto di soli gabbiani e rocce lunari. Scogli molto aguzzi, terzo taglio ai piedi come ricordo.

Toscana in un soffio
Della costa a San Benedetto del Tronto siamo delusi, evviva le olive ascolane. Via dal dozzinale, caotico e anonimo lungomare. Tagliamo in due lo stivale, direzione Umbria, aggiriamo i Monti Sibillini e sbuchiamo tra i prosciutti e i tartufi di Norcia. Poi verso la bella Perugia anche se ci pare freddina, ma il giovane oste di Padova ce lo conferma. La donna dell'alberghetto? È pazza. Si va in treno ad Assisi ma non vale il costo del taxi, al limite per l'interno della basilica francescana. Torna il sole e torna la voglia di mare. Si va per i colli in Toscana che io mai li ho visti. San Gimignano è splendido, Siena pure ma non tutte le sue osterie.

La Maremma è vicina, ci fermiamo, biciclettata fino alla prima spiaggia col Giglio finalmente liberato. Ahi noi non è terra di ciclisti, dicono che ci tocca un pezzo d'Aurelia e così facciamo, sembrando dei matti. Solo dopo veniamo a sapere che i sentieri ci sono. C'è il faro di Talamone, molti romani nella ristorazione e l'oste che dice che Renato Zero è suo amico. Le stradine verso il mare dell'Argentario sono quasi tutte private, gli accessi bloccati, ma invadiamo lo stesso una proprietà e chi se ne frega. Per la "Cala del Gesso" dobbiamo scarpinare come stambecchi. Quarto taglio alle dita. Se non ci fosse il sosia di Sting e quello di Putin, Porto Santo Stefano sembrerebbe Cesenatico. Ultima cena, ultimo pesce, domani si torna sotto un potente acquazzone ligure. Non laverà via il ricordo di una parte splendida d'Italia, (quasi) senza cellulare, poco Wi-Fi ma occhi parecchio sgranati, lucidi, curiosi e arricchiti.



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