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Una sala in comune

pubblicato da Ticinosette #49 - 5.12.14

Le sale dei legislativi comunali sono il luogo della democrazia per eccellenza. Accessibili al pubblico eppure così lontane dai cittadini...

In questi luoghi siamo tutti un po' figli di Jean-Jacques Rousseau, pensatore ginevrino che nel Settecento propose, a costo di diventare una specie di eretico, l'idea del popolo sovrano e unico detentore del potere. Ci piace pensarlo stavolta. Qui si propongono, discutono e cambiano le leggi. È luogo di deliberazioni, di trattande, di ordini del giorno, di sedute, risoluzioni e commissioni e discussioni infinite che durano ore, anche giorni, e di eletti, più o meno competenti e attenti, che interrogano, interpellano, fanno mozioni ma, soprattutto, e qui Rousseau se ne feliciterebbe, fan la gara per farsi eleggere ogni quattro anni. Anche se, ogni quattro anni, scrisse Sandra Marchi, "non c'è praticamente comune nel cantone in cui la formazione (...) del consiglio comunale non costituisca un problema", perché si tira "spesso in ballo la teoria della 'politica che è sempre sporca'" (1). Chissà che ne direbbe oggi Rousseau.

Assemblea moderna
Dalla "ecclesia" (assemblea) della Grecia classica, che per prima acconsentì ai maggiorenni che volevano interessarsi della cosa politica di accedere a tali consessi, su su fino ai giorni nostri della democrazia tuttora esistente ma, dicono alcuni, vieppiù apparente. Sarebbero ormai i luoghi della "pseudo-democrazia" (la minoranza di votanti comanda la maggioranza), che già negli anni Venti criticava l'intellettuale francese René Guénon. Sarebbero i luoghi della "post-democrazia" secondo il sociologo inglese Colin Crouch (si tenderebbe ormai all'oligarchia).

Fatto sta che la sala del legislativo esiste dove la popolazione raggiunge almeno i trecento abitanti (se no c'è l'assemblea comunale), con i suoi quindici e al massimo sessanta consiglieri. Nel "legislativo comunale" prettamente svizzero italiano, o nel più italico "consiglio comunale", la cittadinanza si manifesta - vuoi nel voto per alzata di mano, vuoi nel referendum di almeno il 15% dei cittadini - in tutto il suo sovrano potere a cui i municipali devono poi attenersi. Concretizzando, si spera, e non litigando e tentennando altrimenti rischierebbero, giustamente, la revoca (è possibile dal 2010).

Metterci piede
Mi si permetta qui di parlare brevemente di una delle sale a me più famigliari e soprattutto spettacolari, che è quella all'interno del palazzo civico della capitale. Ci entrai per la prima volta qualche anno fa da cronista radiofonico, sedendomi agli scranni con un collega, lui avvezzo, io imbarazzato. Provai profondo rispetto ma anche malcelata vergogna, perché non ci avevo mai messo piede, perché assistetti a sceneggiate davvero poco... onorevoli! Le sedute sono pubbliche ma quanti di voi lettori ci hanno mai messo piede? Fu proprio qui che nel 1922 i consiglieri approvarono l'edificazione della bella torre campanara del Tallone, che tuttora domina Piazza Nosetto e via Camminata.

Certo non ci sono gli affreschi di un Battista Zelotti come a Vicenza, ma quelli dignitosi del nostrano Baldo Carugo, eppure ancora ricordo lo scricchiolìo del lucido pavimento legnoso a spina di pesce, le ampie vetrate e la grande stampa settecentesca della città sulla parete frontale. Metterci piede, già, come il nostro fotografo, come io che racconto, ma l'importante è esserci perché, scrisse la nostra memoria storica dei comuni, l'ex ispettore Eros Ratti, i consigli comunali "sono sì degli organismi efficienti e razionali per risolvere i problemi, ma hanno lo svantaggio di far perdere appunto il contatto diretto con il cittadino che si limita a delegare il potere" (2).

Una sala per tutti?
Questo viaggio dimostra che vi sono sale di legislativi molto diverse, tanto quanto lo sono i nostri comuni. Da quelle più "calde" e storiche a quelle più scialbe e moderne, che paiono più aule scolastiche, sale per conferenze o refettorio. Sono sedi di consiglio, ma anche di matrimoni civili, di seggio elettorale, e persino di eventi privati come riunioni, assemblee, conferenze, presentazioni, esposizioni e mostre, fino alle attività culturali o sociali di interesse pubblico, ma "feste, balli e canti esclusi" si legge in un regolamento locarnese.

Be', qualcuno ricorderà che nella capitale l'ex sindaco la sua festa privata di matrimonio la fece lo stesso. Inevitabile lo strascico polemico di alcuni consiglieri, rendendo davvero pubblica la sua festa in luogo pubblico. E se è la distanza di Ratti che aumenta, a quanto pare, allora permane quantomeno il clima elettorale di ogni elezione comunale. Non importa di quale sala e di quale consiglio si tratti, qui ci accodiamo al "Pigi" per cui "l'importante è che siano elette persone che non siano esclusivamente spinte dall'interessata boria di diventare gli onorevoli membri (...) di un consiglio comunale" (3). Vedremo nel 2016.

Fonti:
(1) Da "Funzionari al posto dei sindaci nei comuni ticinesi?", Illustrazione ticinese (n. 1/2 1983).
(2) Da Gazzetta ticinese (n.90/1988).
(3) Da "L'on. boria interessata", Illustrazione ticinese (n. 4/1984).