Flavia Leuenberger


Pensiline. Teatri in movimento

pubblicato da TicinoSette #42 21 ottobre 2011

Le pensiline sono spazi di incontro, anche se il più delle volte non vi regna "la civiltà": sporcizia, droga, alcol, risse... non manca nulla, qui sotto...

Sempre più individui vi si incrociano, stando almeno ai dati annuali delle società di trasporto nostrane. Fatto positivo, che significa principalmente due cose: sempre più persone non possono permettersi l'auto (o altri mezzi), e se ce l'hanno, vi rinunciano perché non trovano parcheggio. Poi, semmai, dicono gli studi, c'è la motivazione ecologica, quella pratica, ecc. Comunque pensiline, griffate, "bottiane", anonime, dismesse, inesistenti. Di bus urbani, suburbani, interurbani, mini o scolastici, pubblici o privati ma comunque di servizio pubblico. Spazi sociali come pochi altri, crocevia di esistenze e di storie umane in movimento.

Sotto la pensilina
Chi aspetta il bus è, oltre che un po' filosofo, parte di un luogo, aperto e non, scoperto e non. A volte fin troppo aperto, come in centro a Lugano diventato, secondo alcuni esponenti comunali dell'Udc, scena di spaccio e di consumo di droghe. Persino luogo di aggressioni, tentati omicidi ed insulti, come riportano le cronache locali. Ma a volte fin troppo scoperto, specie se piove e "non c'è nemmeno una mezza tettoia, peggio che nel terzo mondo!" sbotta una blogger nel portale di un quotidiano on-line ticinese. Ne conosco uno: ad Arbedo-Castione, in direzione nord, non c'è nemmeno una panchina per sedersi, e spesso c'è gente seduta per terra, anche sotto il sole cocente. Autopostale, a quanto pare, non c'entra nulla, ma sarebbe il comune che sonnecchia e risparmia. Nessuno gli ha mai detto nulla? Lo dico ora. Ma c'è di peggio: alla fermata del bus, purtroppo, si può anche morire: la tragedia del gennaio 2010 a Malvaglia insegna, si spera.

Anziani nel caos
Luogo di commerci, di vizi, di chiacchiere, di noia, di giovani senza biglietto, di impiegati e di operai che scendono e salgono, che partono e arrivano. Ma soprattutto di anziani. E' il loro bus, quello di una vita, del "Robi" di turno che guida, che conoscono per nome e di cui sanno tutto. E quando viene a mancare una corsa, scatta la rivolta, la rivolta dei nonnini. Ne sa qualcosa un'azienda toscana che nel febbraio scorso aveva tagliato le corse domenicali: semplicemente "pazzesco" per il presidente della Consulta anziani. Non guidando più l'auto, come ci vanno al cimitero? O all'ospedale a trovare i parenti? O a fare due spese? Qui da noi, tutto okay. Come in un comune del Luganese, dove gli anziani con 2 franchi vanno in bus a fare la spesa nelle zone commerciali. E dove i giovani tornano dai sabati sera in sicurezza col "night-express". E anziani che finiscono nel caos anche quando si creano nuove linee, nuove fermate, nuovi piani orari. "Gli autobus li usano soprattutto gli anziani e che senso ha scrivere così in piccolo?", aveva detto in settembre ad un quotidiano Trevisano una vecchietta. Già, che senso ha? Che senso ha metterci di tasca propria ben 10 euro per ingrandire la mappa? Ci sono mai state in Ticino rivolte geriatriche alle fermate dei bus? Non è noto, di sicuro agitazioni adolescenziali a bordo. Uno spunto per l'Associazione ticinese terza età...

In tutta tranquillità...
I bus dovrebbero contenere il più persone possibile, ad uso e consumo di tutti. I tedeschi se li sono inventati per primi, ma i romani erano già degli ecologisti: infatti il termine autobus deriva da auto (contrazione di "autovettura") e da omnibus ("per tutti"). Sempre puntuali, altre volte meno, mai gratuiti. Realtà, quest'ultima, che invece funziona altrove, come a Colomiers in Francia, a Perth in Australia, a Niles nell'Illinois, ecc., ma non nella ricca e intasata Svizzera dove preferiamo... pagare! Da non credere. Nel 2008, i ginevrini hanno respinto un'iniziativa in tal senso, anche se almeno in 45 mila ci avevano creduto... In ogni caso, se si ha la fortuna che la pensilina è coperta e comoda, che c'è un bus, e che i distributori dei biglietti danno il resto, cosa per nulla scontata, la fermata è palcoscenico e spettacolo comportamentale. Si guarda l'orario, magari più volte, non si parla, si attende, si legge qualcosa, si ascolta musica, si riguarda l'orario, e così via. Altrimenti? Taxi (ma si paga caro), autostop (a vostro rischio) o gambe (le vostre). Ci sono centri ancora troppo mal serviti. Ci stiamo lavorando, si dirà, ma siamo nel 2011 e il trasporto pubblico dovrebbe essere all'avanguardia ormai... A Bellinzona, l'ente turistico cittadino afferma ancora, nel suo sito internet, che "è il mezzo migliore per muoversi in tutta tranquillità" nella regione. Mancanza di cognizione. A volte si fa quasi prima in bicicletta. Voglio dire, se i bus della capitale fanno incavolare anche un pastore evangelico mesolcinese, credo che forse c'è davvero qualcosa che non va. Soprattutto negli orari in settimana: poca frequenza, ma molti bus. Mah! Come nella parte alta del Viale della stazione, in quel mostruoso imbottigliamento di bisonti gialli e blu e bianchi. Spesso troppo grandi per le nostre vie, spesso troppo vuoti per la nostra salute.