Il cantone a una svolta?

pubblicato da Ticino Sette #10 - 7.2.14

Mobilità - La nuova strategia del Dipartimento del territorio contro gli ingorghi stradali punta molto sull'eliminazione dei parcheggi per i frontalieri. Funzionerà?...

Servirà rispolverare leggi e regolamenti di diversi anni fa per migliorare la disastrosa viabilità nel Mendrisiotto (e non solo)? Claudio Zali, neo direttore del Dipartimento del territorio (Dt), ci crede eccome. Lo abbiamo interpellato su più punti legati alla mobilità del cantone: la sfida, dice lo stesso Zali, è culturale prima che finanziaria e riguarda, crediamo, sia i ticinesi, sia i frontalieri italiani, con cui condividiamo, purtroppo o per fortuna, la stessa "cultura dell'automobile".

"È mancata una visione complessiva"
Migliaia di posteggi tra Ligornetto e Rancate, nella zona Campagna Adorna, tra Genestrerio e Mendrisio, ecc. L'atteggiamento dei comuni - per attirare aziende - è stato "ambivalente", ha dichiarato lo stesso Zali.(1) Dal 2006 esiste un regolamento cantonale sui parcheggi ma, finora, è servito "poco o nulla" ha sbottato il deputato dei Verdi, Francesco Maggi. Ora spetterà ai comuni e al Dt stabilire quali posteggi sono a norma e quali no, ma la tesi - a cui nessuno negli ultimi venti anni aveva mai pensato - è logica: a meno posteggi equivalgono meno auto (a meno che non si parcheggi abusivamente altrove) e quindi un maggiore utilizzo di altri mezzi o modalità di trasporto. "È da circa 2-3 anni che l'evoluzione del traffico veicolare nelle ore di punta ha raggiunto nel Mendrisiotto e nel Luganese dei picchi insostenibili" ci dice Zali.

"Vi era l'aspettativa di potere migliorare la situazione grazie a potenziamenti della rete stradale", ad esempio la galleria Vedeggio-Cassarate, ma non è andata così. "Operando su concetti già noti (mobilità aziendale, park & ride, car pooling, ecc.), la novità è solo quella della proposta di una strategia coordinata di questi elementi, applicata nel contesto della contemporanea riduzione del numero dei posteggi aziendali riservati ai dipendenti dei grandi datori di lavoro". E su quanto fatto (o non fatto) dai comuni e dal cantone finora? "Il riferimento alla precedente attitudine 'permissiva' dei comuni in tema di posteggi non vuole essere una critica. Si è comprensibilmente cercato di favorire le aziende, in assenza di una visione complessiva della situazione, che nemmeno si poteva pretendere dai singoli comuni". Vero, ma la paralisi viaria era invece da tempo e facilmente prevedibile dalla politica...

Il "caso parcheggi"
L'Associazione traffico e ambiente (Ata), di solito molto critica, approva. Nel caso di Ginevra "tra il 75% e il 100% dei ginevrini utilizza l'auto quando dispone di un posteggio - gratuito o a pagamento - sul luogo di lavoro". Zali andrebbe dunque a colpire nel punto giusto, anche perché, dice l'Ata del canton Vaud, "limitare i parcheggi selvaggi" non solo riduce il traffico e gli incidenti, ma libera importanti superfici per altri scopi e/o attività, c'è meno "stress da parcheggio" e rumore, migliorano le relazioni di quartiere, l'immagine delle aziende, ecc. Stesso discorso si potrebbe fare coi comuni che impiegano i residenti, coi parcheggi in superficie o sotterranei degli oltre 300 uffici sfitti sul territorio di Lugano.

In Belgio la città di Bruxelles intende eliminare tra 20 e 25 mila parcheggi di uffici in città in quindici anni, mantenendone una certa quantità aperta al pubblico. Per i timori dell'economia (delocalizzazione delle aziende, ecc.) la politica condotta dalla città di Zurigo potrebbe fare ancora scuola: la "cultura della mobilità" si è diffusa grazie alla priorità data all'offerta di trasporto pubblico, ai tempi di attesa "azzerati", alla coesistenza dei vari mezzi, alle regolazioni semaforiche, all'accesso "intelligente" nelle ore di punta, alla limitazione dei parcheggi in base alla copertura del mezzo pubblico, ecc.

I dubbi della scienza
Il mondo scientifico è scettico. Giuseppe Pini, direttore dell'Osservatorio universitario della mobilità di Ginevra, afferma: le misure "fisiche" come la "soppressione dei posteggi" spesso sono "inadeguate" perché "non influenzano (...) il grande aumento della mobilità" nella società in generale. Il fenomeno verrebbe spesso affrontato attraverso due sole lenti, la "struttura di un luogo" e "l'offerta di trasporto". Ma la reale domanda di trasporto è composta da un'ampia varietà di fattori oggettivi e soggettivi (personali, contingenti, pianificatori, ecc.).

Andrebbe considerato, ad esempio, il fatto che scegliere l'auto per andare al lavoro non dipende tanto dal reddito o dal grado d'istruzione, quindi nemmeno dal settore economico. Quindi, dice Pini, "questo ci permette di pensare che la disponibilità a pagare di più per una migliore mobilità, il che significa rispettare i vincoli di tempo e di comodità, non è un'utopia". La puntualità (ottima) e la comodità (sempre più critica) svizzere permettono a Pini di dire che "la mobilità in Svizzera è troppo a buon mercato" e non a caso tutti i servizi di bus non si autofinanziano coi soli biglietti ma sono sovvenzionati. Insomma, dice Pini, "il prezzo non è la variabile decisiva, altrimenti nessuno userebbe l'auto che costa molto di più!".

Aziende: requiem per una legge
L'economia e l'industria ticinesi vorrebbero una migliore regolazione del traffico ma poi non contribuirebbero a migliorarlo. Zali ha annunciato una svolta più coerente: "affermare che chi genera grandi correnti di traffico veicolare deve contribuire finanziariamente alla riparazione del pregiudizio che ne deriva, non rientra nella mia nozione di 'ostacolo all'economia'. E soprattutto non è un concetto nuovo, essendo previsto dalla legge cantonale sui trasporti pubblici sin dal 1995 (lo dice l'articolo 35, ndr). Si va ora nella direzione di una più puntuale applicazione di questa normativa". L'esperto bernese di mobilità Franz Mühlethaler sprona a fare come si fa già in Francia o in Italia: si attribuiscono dei parcheggi solo agli impiegati che condividono l'auto.

Per Hanspeter Guggenbühl, esperto in energia, ogni azienda dovrebbe pagare una tassa per ogni frontaliere destinata a finanziare i lavori stradali: ciò ridurrebbe la migrazione dei pendolari e inciterebbe il tele-lavoro, laddove possibile. Se non si farà nulla, la stessa economia potrebbe soffrirne, osserva ancora Pini: "il giorno in cui i dipendenti (...) non potranno più avanzare sull'autostrada, raggiungere l'aeroporto o salire in un treno perché non c'è posto, le aziende avranno tutti i motivi per spostarsi". Proprio il Ticino sta vantando il record svizzero di nuove imprese insediate, ma è anche uno dei cantoni più intasati... Se la legge fosse stata applicata sin dal 1995, ora ci troveremmo in queste condizioni?

Mobilità aziendale: "migliore rispondenza"
Il bilancio ticinese della mobilità aziendale (2007-2012) ci pare deludente. Solo un quinto delle quasi 550 aziende con oltre 50 dipendenti (dati 2008) è stato "coinvolto" dai piani di mobilità, soprattutto nel Luganese. Di queste, solo un terzo ha realizzato "almeno una misura" e la "più diffusa" è, semplicemente, l'abbonamento scontato "Arcobaleno" per gli impiegati. Lo stesso Zali ha poi rivelato che ci sono "ditte che (...) non ne hanno 'venduto' uno solo".(2) Insomma, così non funziona. È vero che a causa dei turni di lavoro "la mobilità aziendale (...) non può essere cucita addosso a tutte le società", ha detto il direttore dell'Associazione industrie ticinesi Stefano Modenini, ma certe lungaggini "bibliche" non sembrano giustificarsi più.

"Sarà promossa con le aziende una nuova politica improntata alla mobilità aziendale, se possibile da applicare in forma congiunta a più aziende vicine tra loro" ci dice Zali, anche "per l'acquisto di bus aziendali ecologici". E precisa: "l'intenzione strategica è quella di ottenere una migliore rispondenza rispetto al passato, sia per le maggiori risorse che saranno destinate alla questione, ma anche per il motivo che vi sarà nel contempo una stretta sui posteggi disponibili per il personale". Come diceva già anni fa uno specialista internazionale del traffico, Philip Gasser, andrà a finire che "molte aziende reagiscono quando non possono più fare altrimenti"?

Trasporti pubblici: "recuperare molto terreno"
I passeggeri dei treni TiLo dal 2004 al 2011 sono quasi raddoppiati, ma oggi solo un ticinese su dieci (12%) e solo due frontalieri su cento (2%) vanno al lavoro coi mezzi pubblici. Lo scarto rispetto al resto del paese è enorme e non si giustifica per un territorio così piccolo. Il Mendrisiotto è proprio la regione peggio servita, specie "nella zona industriale di S. Martino, nell'area dei centri commerciali presso lo svincolo autostradale di Mendrisio". Investire nei mezzi pubblici però è pagante, appunto, quindi che pensa Zali per il futuro?

"Si intende recuperare molto terreno nei confronti del traffico veicolare. Questo sarà reso possibile dall'apertura entro il prossimo decennio di nuove grandi opere che muteranno profondamente il volto del trasporto pubblico in Ticino. Penso qui alla galleria Alptransit del Monte Ceneri, che dimezzerà i tempi di percorrenza Lugano/Bellinzona e Lugano/Locarno, come pure alla nuova rete del tram, che grazie al nuovo tunnel da realizzare in zona Crespera collegherà i comuni attualmente serviti dalla Flp al centro di Lugano in tempi molto più brevi degli attuali. A breve termine (fine 2014) sarà invece aperto il nuovo collegamento ferroviario Stabio/Mendrisio e sarà potenziato quello tra Chiasso e Mendrisio".

"Maggiore condivisione dei veicoli"
Se il car-sharing (noleggio di vetture nei pressi di stazioni ferroviarie e fermate dei bus) in Ticino piace praticamente solo in estate ai turisti,(3) sulla condivisione dell'auto (car-pooling) Zali nutre molte speranze. "È in effetti insoddisfacente il bassissimo tasso attuale di occupazione delle autovetture, pari a circa 10 vetture per 11 persone trasportate" osserva. "Sarebbe sufficiente, grazie ad una maggiore condivisione dei veicoli, che il tasso di occupazione salisse a due persone per auto per dimezzare di fatto il traffico". Il calcolo non fa una piega, ma dovrebbe riguardare anche i ticinesi perché questo modo di spostarsi "è molto più diffuso tra i frontalieri rispetto ai residenti in Ticino (6,7% contro 2,3%)". L'iniziativa ticinese "liberalauto" non è certo nuova ma già al suo lancio è apparsa problematica: a fine 2012 erano solo "una ventina" le aree riservate dalle aziende. Tuttora non è chiaro a tutti come usare il sito internet e nessuno sa quante auto sono condivise ogni giorno.

"Nuovamente, oltre a mantenere ed eventualmente migliorare le iniziative esistenti, si interverrà sulle aziende, chiedendo che alla riduzione dei posteggi faccia riscontro un aumento del numero di persone trasportate da ogni veicolo", insiste Zali. Si vorrebbe anche "rendersi attivi presso i comuni italiani della fascia di frontiera, chiedendo loro di allestire appositi posteggi per la condivisione dei veicoli". Accadrà come a Ginevra, dove l'anno scorso si è deciso (ma è stato lanciato un referendum) di co-finanziare ben cinque Park& Ride per i frontalieri in territorio francese? Nella Regione Lombardia c'è chi di recente ha proposto di utilizzare una parte dei ristorni versati dal Ticino "per il trasporto pubblico dei frontalieri" e di "investire in una serie di pullman per trasportare i frontalieri dell'olgiatese".

"Un difficile equilibrio"
"Partendo dalla ridotta disponibilità di posteggi, è in definitiva un piccolo cambio di mentalità degli utenti, che al prezzo della rinuncia al concetto dell'uso in esclusiva della propria vettura, potrebbero ottenere un risparmio economico e tempi di percorrenza più brevi nel tragitto casa/lavoro" auspica infine Zali. Ma come far coesistere il diritto alla mobilità alle persone, quello alle aziende e al contempo tutelare la salute pubblica che risente dei primi diritti? "Questo difficile equilibrio è la sfida per i politici di oggi, chiamati però anche a rispondere alle priorità immediate dei cittadini e tutto nei limiti delle risorse economiche a disposizione. Realisticamente si deve riconoscere che, nonostante l'impegno, non è sempre possibile fare quadrare il cerchio". Ma ci pare più fattibile allorquando "valori simili" di motorizzazione tra ticinesi e lombardi indicano una cultura condivisa. Ci sembra pertanto fuori luogo pretendere solo dagli altri quello che potrebbero fare cittadini, lavoratori e aziende ticinesi, ovvero un cambiamento della mobilità dal basso, e non sempre imposto dall'autorità, come è accaduto (e sta succedendo) in altre città svizzere culturalmente diverse (Zurigo, San Gallo, Basilea città, Lucerna, Winterthur, Ginevra). Infine se, dicono tutti gli studi in materia, non è il lavoro che genera più spostamenti, bensì il tempo libero (visite ad amici/parenti, attività sportive, culturali, ecc.); e che, proprio perché beneficiano di più tempo libero sempre più anziani (soprattutto uomini) si metteranno al volante "a discapito dei trasporti pubblici", il Ticino quale "cantone più anziano della Svizzera" non potrà sottrarsi a questa sfida.

Note:
(1) La Regione, 11.2.2014.
(2) Ibid 1.
(3) La Regione, 4.2.2013
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