Meteomaniaci

pubblicato da Ticinosette #17 - 28.4.2017

Le previsioni del tempo sono sempre più attendibili, ma invece di rassicurarci continuano ad ossessionarci...


Chi tra voi la mattina, appena sveglio, non dà un'occhiata fuori dalla finestra alzando gli occhi al cielo? E se piove, come era stato previsto, non c'è una gran smorfia, mentre se splende il sole, contrariamente a quanto sentito o letto, ci scappa un bel sorriso? Quando discutiamo con qualcuno, e spesso proprio quando non sappiamo che dire, guarda caso il tempo è uno dei primi argomenti, anche a costo di sembrare banali. In estate ecco lo scontatissimo “Uff! Che afa!”, e in inverno l'ovvietà “Ma oggi fa proprio freddo!”.

Ogni giorno, e più volte al giorno, i vari media ci dicono il tempo che fa e che farà. Alla televisione le previsioni hanno picchi incredibili di ascolti: “sì, è vero abbiamo superato diverse volte lo share del TG” ha per esempio già dichiarato nel 2011 il popolare presentatore meteo RSI Piernando Binaghi. Disponiamo di centinaia di applicazioni mobili e web, più o meno attendibili, sulle previsioni del meteo (o della meteo). La nostra lingua è ricca di proverbi sul tema, come il più famoso “rosso di sera, bel tempo si spera; rosso di mattina la pioggia s'avvicina”. Ma è poi vero? E cos'è questa “meteomania”?

L'ultima ossessione
“Il tempo che fa è diventata la nostra ultima ossessione” si legge in un settimanale italiano, persino più del sesso. Soltanto in Svizzera le pagine web in italiano con la parola chiave “meteo” sono 1,4 milioni! “Abbiamo la sindrome meteorologica, l’ansia da previsione. Ormai molti in televisione non guardano neanche il TG, ma solo che tempo farà. In continuazione. È una passione-ossessione, un bisogno antico, siamo vittime di questo tempo, in tutti i sensi” diceva l’antropologo Marino Niola.

Forse una delle ragioni principali è che il tempo è uno dei grandi eventi della natura che, nella nostra società fissata sul controllo e l'organizzazione, ancora non riusciamo a gestire come vorremmo, se non affidandoci a complicatissimi calcoli computerizzati di fisica e matematica. Come ben scrivono Rino Cutuli e Marcello Poggi nel loro libro “Rosso di sera... Guida ai modi di dire, alle credenze e ai proverbi sul tempo”, è l'imponderabile e l'imprevedibile che ci ossessiona tanto: “l'uomo comune (…) vede monsoni in Cina, uragani in Australia, perturbazioni sull'Atlantico, aria fredda in Siberia, vento caldo del Sahara, ma non sa cosa gli pioverà in testa il pomeriggio, e l'antico problema umano del 'devo o non dove prendere l'ombrello” resta insoluto”.

A che serve prevedere?
Studiosi di tutto il mondo si stanno interessando a questa nuova forma di gioco perché la libertà (di cui però ci si priva volontariamente per un'ora), la sicurezza (le stanze tematiche generano paura e stress), la logica (rispetto all'immediatezza del web), l'egoismo (bisogna collaborare), la privacy (si viene costantemente filmati) ecc., sono oggi tematiche fondamentali.

C'è chi sostiene che la “meteomania” derivi più che altro dall'importanza che l'economia ha ottenuto nella nostra società, al punto che, nel 2009 in un articolo scientifico, lo svizzero Thomas Frei di “meteoswiss” ha voluto “monetizzare” le previsioni: quelle fornite dai vari media ci costano 6 franchi a famiglia, mentre “i benefici dei servizi meteo in Svizzera sono dell'ordine di centinaia di milioni di franchi”.

Be', niente di stupefacente, di fatto moltissime attività sono (o crediamo siano) “meteo-dipendenti”, per cui a volte sembra “vitale” sapere se ci saranno minacciose nuvolette o se soffierà il vento. Basti pensare che dal bello o dal cattivo tempo può dipendere la quantità di energia idroelettrica disponibile, l'esito di un incontro sportivo, gli incassi di manifestazioni all'aperto, la redditività di una struttura turistica, e persino la nostra salute psicofisica (non a caso esiste la “biometeorologia”).

Il tempo condiziona ancora, anche se non tanto come in passato, l'agricoltura ed i raccolti: troppa pioggia o troppa siccità influenzano la qualità di ortaggi, vigneti, frutteti, ecc. E come non pensare al turismo in Ticino, al mito della Sonnenstube? Come non ricordare l'infelice uscita di un ex direttore turistico cantonale quando, una quindicina di anni fa, scatenò polemiche ed ilarità chiedendo di “modificare” le brutte previsioni meteo per favorire l'afflusso di turisti dal nord? A questo punto è legittimo chiedersi, come fa nel suo blog Francesco Maria del Vigo, vicedirettore di un quotidiano italiano: non è che forse “prevedere l’imprevedibile non è solo inutile, ma anche un po’ stupido”?

Sempre più precisi
Quanto possiamo fidarci delle previsioni? Quante volte ci azzeccano? Alla stampa italiana il noto meteorologo italiano Luca Mercalli dichiarava: “fino a 15 anni fa le previsioni erano come quelle degli oracoli, oggi sono sempre più precise, ci aiutano a pianificare la nostra vita. (…) Ma bisogna distinguere fra la marmellata indistinta di siti internet, pubblici e privati, sapendo che alla fine le fonti attendibili sono poche”.

Mercalli ad un settimanale ticinese aveva anche sconfessato la diceria secondo cui i meteorologi non ci azzeccherebbero mai: “non è affatto vero! Proprio perché siamo sempre più precisi c’è un uso sempre maggiore dell’informazione”. Tuttavia, osservava, è vero che “nessuno è in grado di fare previsioni a lungo termine, se non a fini sperimentali. Al massimo arriviamo a sei-sette giorni, non di più”.

Il problema, scrive l'astrofisico Francesco Sylos Labini, è che “l’atmosfera si comporta in maniera caotica e piccole variazioni dei parametri fisici possono indurre grandi cambiamenti nei comportamenti del tempo meteorologico”.

Il padre della “serietà meteorologica” pare sia il fisico inglese Lewis Fry Richardson che negli anni '20 propose l'utilizzo di equazioni per le leggi fisiche che governano l'atmosfera, ma ma è solo dal 2000 (!) che possiamo avere previsioni a sette giorni affidabili.

“Sonnenstube”? Mica tanto!
Nel 2010 è giunta una notizia su base scientifica: “Soleggiamento, il Ticino perde il primato” titolava. Cosa? Per gli esperti “il clima è sicuramente una caratteristica che qualifica il cantone Ticino in termini positivi, rendendolo una regione attrattiva”, si legge in uno studio, ma la regione più soliva della Svizzera sta un po' più a ovest, è l'alto Vallese!

E siete pronti per un altro fatto più terrificante? “In Ticino piove molto di più di quanto si pensi” affermano gli studiosi. Insomma, la Sonnenstube come aggettivo o argomento di marketing è una panzana... Ciò non toglie che anche noi amiamo disquisire del tempo, ma come?

Ecco, secondo l'inglese Diccon Bewes, per anni trapiantato a Berna, cosa succede tra un britannico e uno svizzero (probabilmente tedesco). “Brrr, oggi fa molto freddo fuori!” dice l'inglese entrando in un locale. Lo svizzero, lapidario, risponde: “È inverno!”. Per Bewes ci piace attenerci ai fatti e non amiamo le brevi conversazioni nemmeno sulla meteo, un tipico “rompighiaccio” sociale anche (e forse soprattutto) in Ticino.

Infine, quel passato di credenze popolari, per cui era ovvio il nesso tra il tempo e la “stregoneria” (o la “benevolenza divina”), è tramontato; ma questo nostro presente di cittadini super informati non ci rende meno inquieti circa la neve che non cade o il Föhn che soffia. Ma soprattutto non ci distoglie da una scomoda verità, ovvero quella che oggi, scrive ancora del Vigo, “si può prevedere tutto – o quasi. Ma le nuvole, il sole e la pioggia hanno ancora libertà di fare quello gli pare. Beati loro”. Che invidia, no?