Bavaglio iberico

pubblicato da Ticinosette #33 - 7.8.15

Spagna - La contestatissima legge sulla sicurezza cittadina del premier Rajoy è in vigore da luglio ma potrebbe avere vita corta con le elezioni di novembre. Cosa implica intanto? E come la vedono alcuni cittadini spagnoli in Ticino?

Il “caso Grecia” ha distolto l'attenzione di parte dell'opinione pubblica e della stampa (compresa quella ticinese) da un'altra faccenda: il diritto di manifestare pacificamente in Spagna. Il giorno di mercoledì 1. luglio 2015 resterà per sempre impresso nella mente di molti spagnoli: è la data di entrata in vigore della “Ley de Seguridad Ciudadana” (legge sulla sicurezza cittadina) che interpella i diritti civili dei cittadini spagnoli.

Di cosa si tratta? La “ley mordaza” (legge bavaglio), come è stata definita dagli oppositori, è stata approvata dal Congresso soltanto grazie ai voti dei deputati di centro-destra del “Partido Popular” (PP) del primo ministro Mariano Rajoy. È stata presentata come una normativa sulla sicurezza, ma per molti è il sintomo di un nuovo “stato di polizia”. Ha generato ondate di caroselli dal 2013 a oggi, non solo da parte del movimento popolare degli “indignados” esploso il 15 maggio 2011 (il famoso “15M”). Sono giustificate le critiche? Cosa implicano i 55 articoli della legge? Sono proporzionate le sanzioni che possono arrivare fino a oltre mezzo milione di euro?

Politica svuotata?
“L’esecutivo del premier Mariano Rajoy ha intenzione di approvare il disegno di legge, che con i suoi 55 articoli andrebbe a sostituire la precedente 'ley Corcuera', voluta nel 1992 dall’allora governo socialista di Felipe González. Secondo gli 'indignados', e non solo, si tratta di una evidente provocazione (…). Nella tipologia dei reati rientrano anche le manifestazioni non autorizzate, come la famosa 'acampada' a Puerta del Sol del 15 maggio 2011, o quelle davanti al Congresso dei deputati, al Senato, ai parlamenti delle autonomie, ai tribunali o ad altri luoghi considerati 'critici'. Edifici pubblici che in questi anni di crisi sono stati spesso oggetto di protesta” scriveva nel 2013 la collega Silvia Ragusa.

Sulla scia della crisi finanziaria, coi suoi vari strascichi (dal record di disoccupazione nell'Eurozona ai licenziamenti più semplici, all'innalzamento dell'età pensionabile, ecc.) e i suoi grovigli politici, gran parte del sanguigno popolo spagnolo ha inscenato numeroso proteste. Grazie a “Democracia Real YA” e numerosi altri piccoli movimenti si è scritto di una specie di “rivoluzione” contro la politica e i politici, dai quali sempre meno cittadini si sentono rappresentati. I prevedibili scontri con le forze di polizia del governo Rajoy furono mostrati dalle tv di tutto il mondo.

La “ley mordaza” è dunque l'ultimo capitolo di una lunga catena di decisioni controverse che gettano ulteriore benzina sul fuoco, tanto che la sinistra definirà la legge un “calcio in bocca alla democrazia”, “un attacco terribile ai diritti civili”. Qualcuno parlerà persino di un “nuovo franchismo” di oscura, indelebile memoria.

Tra diritti e multe
La “legge-bavaglio” fino al 2013 è stata modificata più volte, alleggerita qua e là, irrigidita altrove, ma violerebbe parecchi diritti costituzionali, elencati per esempio dal collega Fernando Garea. Da qui il ricorso inoltrato degli oppositori che potrebbe arrivare fino alla Corte europea. Ciò fa ancora più riflettere se si considera che nel 2014 il massimo potere giudiziario spagnolo, il “Consejo del Poder Judicial”, ha definito molti suoi articoli “costituzionalmente dubbiosi”, basati su criteri “eccessivamente ampi”. Ma il Consejo è eletto in parte dagli stessi deputati che hanno approvato la legge e può esprimersi soltanto dopo le prime condanne.

Scrive “El Mundo” che sono ben “44 le ragioni per cui qualcuno potrebbe essere sanzionato con multe che vanno da 100 euro fino a 600mila, a condizione che non sia un crimine”. La stampa riferisce di prime multe già a Madrid e a Valencia. Tra le 4 infrazioni “molto gravi” citiamo le “manifestazioni non comunicate o proibite davanti a infrastrutture critiche” (quelle essenziali come aeroporti, centrali energetiche, ecc.), passibili di multe da 30mila a 600mila euro. Tra le 23 “gravi” vi è la “perturbazione della sicurezza cittadina con atti pubblici, spettacoli sportivi o culturali, solennità o uffici religiosi o altra riunione alla quale assistono numerose persone” (multe tra 600 e 30mila euro). Tra le 17 “lievi” figura “la celebrazione di manifestazioni senza comunicarle all'autorità, la cui responsabilità cadrà sugli organizzatori” (multe da 100 a 600 euro).

Per molti queste restrizioni intendono impedire esattamente ciò che è successo nei luoghi pubblici dal 2011 ad oggi. Ma si va oltre. Basti citare il caso (riportato il 4.7.2015, ndr.) di una ragazza ad Alicante: dovrà pagare 600 euro di multa perché indossava una maglietta con l'acronimo inglese “Acab” (“all cops are bastards”). La sua colpa è quella di aver mancato di rispetto alla polizia (articolo 37 della legge) o di seguire la moda?

“Niente sarà come prima"
La legge potrebbe tuttavia avere vita molto breve: il prossimo novembre ci sono le elezioni amministrative. Rajoy se la dovrà vedere con “Podemos” e “Ciudadanos”, nuovi movimenti “post-crisi”, “anti-politica”, “no-global”, che godono di un crescente consenso confermato alle comunali di maggio con la conquista di Barcellona, Madrid, Valencia, Saragoza. Le premesse di una “rivoluzione” ci sono tutte per l'editorialista Guillermo Rodríguez: in maggio tuonava con un “niente sarà più come prima”.

Interessanti le riflessioni del collega J. Jiménez Gálvez in merito a cinque punti fondamentali. Il primo: è vietata ogni agitazione davanti alla sede del Congresso, del Senato, dei parlamenti autonomi, anche se i politici sono assenti. Greenpeace si chiede: “cos'è e cosa non è perturbare la sicurezza cittadina” se ciò implicherà “l'arbitrio” della polizia? Ciò sarebbe la conseguenza dell'invasione di migliaia di protestatari al Congresso dei Deputati del settembre 2012, quando ci furono 64 feriti e 35 arresti. Ma un rappresentante di Rajoy autorizzerà di manifestare contro di lui in un periodo elettorale?

Il secondo aspetto: il divieto di riprese (foto o video) della polizia “che possano mettere in pericolo la sicurezza personale o famigliare degli agenti (...)”. In realtà sono sempre più diffuse nelle reti sociali per denunciare abusi d'autorità e comprovare le condanne di agenti: i recenti fatti avvenuti negli Stati Uniti a danno di cittadini neri dicono niente a nessuno? Per Amnesty Internacional “riprendere immagini della polizia, cosa che già facevano giornalisti o persone con una fotocamera o un cellulare, ha aiutato a volte a diffondere informazioni sull'uso eccessivo della forza da parte della polizia”.

Il terzo punto: aiutare chi viene sfrattato a causa della bolla immobiliare post-crisi è ora più complicato, perché si intralcerebbe l'esecuzione di atti amministrativi o giuridici da parte della polizia. Quarto punto: viene punito chiunque salga in cima a edifici o monumenti qualora esista un pericolo per cose o persone. “Sembra redatto apposta per proibire e perseguire le azioni pubbliche che Greenpeace compie basandosi sul diritto della libertà di espressione” afferma la ONG. Quinto aspetto: secondo alcune ONG la legge punisce anche la resistenza pacifica, come sedersi a terra, e la polizia potrebbe multare chiunque si opponga all'ordine di sgomberare riunioni su suolo pubblico.

Cittadini molto critici
Abbiamo voluto tastare il polso ad alcuni cittadini spagnoli residenti in Ticino o che conoscono bene la nostra realtà. “Il vero motivo è quello di vietare la libertà del popolo spagnolo, da anni stufo di un presidente che nei suoi primi sei mesi non ha mai parlato (faceva tutto la vicepresidente) ma intanto tagliava nella pubblica istruzione, nella sanità, nei servizi sociali, ecc.” afferma Alberto Gracia Caballero, fisioterapista sportivo di Saragoza. “A livello di libertà sociale, in più dopo tutti i tagli, non ti permette di protestare senza il consenso dei poteri che hanno fatto i tagli, in pratica è un non-senso!”.

Paco Sanchez viene dall'Asturia, vive da oltre 40 anni a Bellinzona dove fa il commerciante: “benché le intenzioni del governo siano di prevenzione, si sa benissimo che il grande rischio sia quello di andare oltre. Addirittura qualcuno mi ha scritto che pensava fosse solo un'idea ...!”.

Questa legge, sostiene Ivan Ureta, accademico di Bilbao ma dal 2007 in Ticino, dove è professore e ricercatore alla Supsi, è un “ulteriore consolidamento di un modello politico-istituzionale, economico, sociale e culturale in profonda crisi (…)”, il quale “ratifica la tesi di allontanamento e isolamento della Spagna dei circuiti diplomatici europei ed internazionali (…), che era già stato praticato dal precedente governo PP con José María Aznar”.

Per Ricardo Fernández Sanjurjo, galiziano di La Coruña, futuro consulente assicurativo di Camorino, la legge “è una 'burrada' (asinata, ndr.) per accontentare il settore più conservatore della destra spagnola, una risposta diretta alle manifestazioni del 15M. Certo è che in città come Barcelona e Madrid le manifestazioni violente dell'estrema sinistra, come 'Okupa', sono in molti casi un problema ma sono una minoranza, mentre questa legge è per tutti e non risolverà niente. Protestare è il minimo che si può fare rispetto ad una classe politica corrotta, a un'amministrazione disfunzionale, inefficace e clientelare”.

E in vista di novembre? Per Gracia Caballero “prima delle prossime elezioni il Governo vuole evitare 'casini'”, ma “se il PP (di Rajoy, ndr.) vince, la legge rimarrà e sicuramente attaccherà tutte quelle leggi che ci hanno fatto arrivare ad un livello di libertà tra i più moderni a livello mondiale”. Per Ureta “non oserei sottovalutare la capacità organizzativa e di risposta di una cittadinanza che vede che sempre più porte si chiudono senza chiedere consensi”. “Si sa che la legge non durerà, che il prossimo governo la toglierà, anche perché il PP non governerà da solo nella prossima legislatura” prevede Fernández Sanjurjo. A deciderlo sarà il popolo spagnolo.