Il mio nome è Clayton

pubblicato da TicinoSette #30 - 27.7.2012

La storia di un attore americano di "serie B" smarritosi per le vie di Locarno...

Abituato a ben altri tappeti rossi, o almeno così la pensava, l'attore americano Clayton Tackleberry Junior aveva accettato volentieri l'invito del festival per ritirare l'Original Award, un premio speciale per gli attori un po' speciali. Diciamo di culto. E lui era ovviamente uno di quelli, dopo aver recitato in film memorabili come "Il ponte sul fiume in secca" e "Il mio nome è il mio nome", opere entrate di diritto nella storia del cinema. Di un certo tipo di cinema. Una faccia inconfondibile la sua, impossibile non riconoscerlo, tra un Brando e una Monroe, amava dire, anche se poi nessuno riusciva mai a farsene un'idea chiara.

Atterrò con mezzora di ritardo a Magadino, dopo incomprensibili disguidi doganali con le autorità elvetiche: pare non capissero a cosa si riferisse quel "junior". Aveva dovuto alloggiare in un Garni di due stelle e la direzione del festival s'era scusata più volte. Lui aveva accettato di buon grado, in cambio di un piccolo favore: "ogni sera una bottiglia di Ascona Whisky in camera!", aveva chiesto perentorio. Era l'unica cosa che conosceva del territorio. Si fece una doccia, si cambiò e chiamò Toni, la sua ragazza nell'Arkansas, dimenticandosi del fuso orario. Toni infatti non rispose e lui imprecò. Poco dopo squillò il telefono: gli ricordavano la conferenza stampa alla Morettina che si sarebbe tenuta un'ora dopo. "Oh, okay, More and Tina, I'll be there, don't worry!" rassicurò lui. Disse che ci sarebbe arrivato da solo.

Girò in poco tempo tra Minusio, Muralto, Locarno, chiedendosi cosa avesse di diverso la zona per avere tre nomi così differenti. Prese per Viale Verbano e poi il Lungolago Giuseppe Motta, che non erano certo la Promenade de la Croisette di Cannes, ma tant'è. Portava un cappello da vaccaro, occhiali a specchio e sigaro in bocca. Se non fosse stato il mitico Clayton Tackleberry Junior, lo si sarebbe scambiato per un qualsiasi tamarro di provincia, invece i locarnesi avevano il pregio di vedere di persona una (quasi) stella di un certo cinema, di poter parlare con lei, fotografarla, toccarla, ecc. Era uno che, di solito, mandava in visibilio le donne dell'Arkansas e faceva ingelosire i loro uomini. Ma Tackleberry Junior si rese conto che nessuno se lo filava: nessuno lo degnò di uno sguardo. Persino i cigni del lago snobbarono le sue briciole di pane. In che razza di posto era mai capitato?

Forse aveva sbagliato look? Fermò un po' di persone, dicendo loro chi fosse, che aveva recitato nel celebre "Tigre d'argento col mantello rosso", ma per la gente era sempre un "oh, non saprei, mi spiace!", "scusi sono di fretta!". Oppure, peggio, non reagivano proprio, sguardo fisso a terra e passo accelerato. Uno smacco! Domandò allora al chiosco del Debarcadero dove potesse trovare questa More e questa Tina, presumibilmente due donne, pensò, ma nessuno seppe aiutarlo. "Tina? Intende una cantina?" fece un tassista, che non parlava inglese. "No, Tina! She's a woman! Where is she?" insistette. Alla ricerca di questa Tina, Tackleberry Junior si perse tra i portici di Piazza Grande e la città vecchia, bidonando alla grande la conferenza stampa.

Fu ritrovato la mattina seguente al Bosco Isolino in compagnia di una tale Elisabetta, meglio nota nell'ambiente notturno come "la Tina". Al festival intanto teneva banco un giallo: qualcuno, la notte prima, davanti al piccolo casinò cittadino, s'era portato via la testa di una statua del pardo, laccata d'argento, e un metro quadrato di tappeto rosso, perfettamente sforbiciato...