Facebook, quale comunità?

pubblicato da Ticinosette #10 - 10.3.2017

Il nuovo "manifesto” di Facebook: un ennesimo colpo di marketing?


Il recente scritto di Mark Zuckerberg non è certo passato inosservato agli addetti ai lavori, alimentando il dibattito soprattutto negli Stati Uniti. Il documento è considerato il "manifesto” di Facebook, il nuovo “Zuckerberg pensiero”, insomma. Un ennesimo colpo di marketing per ingrandire – e siamo quasi a 2 miliardi di utenti! - a suo vantaggio la più grande comunità virtuale del mondo? O c'è dell'altro?

Certo è che la lettera esce proprio in un momento di divisioni e di populismi, di crescenti critiche proprio alla globalizzazione che Zuckerberg invece idolatra. La prima perplessità riguarda proprio il “sistema Facebook”.

Poniamoci delle domande
La prima perplessità riguarda proprio il “sistema Facebook”. “L'idea di unire il mondo è lodevole, ma alcune critiche, supportate da vari studi, rimproverano il fatto che Facebook renda certe persone ancora più sole e più isolate (…)” scrive per esempio Barbara Ortutay sul “The Jakarta Post”. Il sistema dei “like”, si chiede, non è una forma di disimpegno comunicativo? I post, invece di unire, non “allargano le voragini politiche e culturali”?

Per il giovane redattore alla “Mobile Industry Review” Adam Pothitos, “prima di saltare tutti sul carrozzone delle influenze umanitarie del mondo tecnologico, dobbiamo ancora ricordare che niente e nessuno è al di là di critiche, purché siano costruttive”. Già, perché tra queste ne figura una molto grave: la manipolazione dell'informazione.

Gli algoritmi di Facebook, e ne parla anche il prestigioso “Time”, sono al centro delle critiche perché creerebbero delle “bolle di filtraggio” (filter bubbles), fornendo agli utenti solo informazioni di parte, se non false, isolandoli ideologicamente e culturalmente. Secondo alcuni ciò avrebbe contribuito all'elezione del nuovo presidente statunitense. Nella lettera Zuckerberg dice che queste bolle “mi preoccupano e le ho studiate attentamente” ma “i social media forniscono già maggiori punti di vista rispetto ai media tradizionali”.

Per Diletta Parlangeli di “Wired” “l’appiattimento dei punti di vista, tuttavia, è proprio ciò che viene contestato alla sua e ad altre piattaforme”.

Il giornalista Luca De Biase, nel suo blog, riporta le accuse di ipocrisia di Zuckerberg, perché “la sua piattaforma è chiusa e ipercontrollata”, mentre Andrea Intini su “Il Giornale” osserva che “nessuno, però, sembra preoccuparsi se il giovanotto, che detiene i big data (anche quelli più privati) delle nostre esistenze, stia tramando dietro le quinte (...)”. Vedremo, anche se a pensar male raramente si sbaglia.

Controverse bolle di filtraggio
Delle “filter bubbles” se ne parla almeno dal 2010 e tra chi mette in guardia c'è Eli Pariser, 36enne statunitense attivista di internet. Nel suo libro "The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You" illustra come Google, Facebook e altre piattaforme, tramite la registrazione di tutto quello che si digita e si cerca, oscurino altre fonti di informazione e ci offrano quello che “dovremmo” leggere o vedere.

L'effetto, dice Pariser, è un “ecosistema di informazioni” che danneggerebbe l'intera società. Tuttavia vari esperimenti condotti da altri esperti hanno relativizzato le accuse: la stessa ricerca effettuata da diverse avrebbe dato risultati praticamente identici. Insomma, i filtri che applichiamo, limitano o espandono i nostri gusti? Nel dubbio, fate una prova con un collega o amico.