Speculatori dell'ultimo secondo

pubblicato da TicinoSette #21 - 25.5.2012

Esploso negli Stati Uniti ma ancora poco diffuso in Svizzera, il trading online presenta alcuni vantaggi ma anche molti rischi. Radiografia di un fenomeno controverso...

È il 6 maggio del 2010. A Zurigo si scopre che un africano morto nei pressi dello scalo di Kloten è caduto dal carrello dell'aereo nel quale si era imbarcato abusivamente. A New York invece un flash crash passa alla storia: in un solo quarto d'ora l'indice Dow Jones perde moltissimi punti per poi recuperare velocemente, scatenando il putiferio. Due eventi solo apparentemente distinti, ma in realtà accomunati dalla stessa causa: la speculazione finanziaria all'origine della crisi mondiale in atto dal 2008. Una crisi che notoriamente colpisce più duramente i paesi poveri, riducendo da un lato le loro esportazioni e i loro investimenti, dall'altro aumentando i flussi illegali dei disperati. Tuttavia ancora non si sa con esattezza cosa sia accaduto alla borsa americana: un caso? Probabilmente no. Comunque sia, uno dei capi delle operazioni alla borsa di New York ha dichiarato che "questo evidenzia i rischi del trading elettronico. Quando c'è una bassa volatilità, funziona molto bene ma ci sono rischi. È evidente il bisogno dell'intervento umano". (1)

Il trading online o e-trading è l'ultima frontiera per migliaia di "brokers", "money managers", fiduciari finanziari, grandi investitori pubblici e privati, ma anche di piccoli risparmiatori fai-da-te. Tutti intenti a comprare e vendere strumenti finanziari (azioni, titoli, obbligazioni, ecc) tramite delle piattaforme informatiche, su qualsiasi mercato, in qualunque luogo e ad ogni ora del giorno, rischiando non solo soldi, ma anche una operatività eccessiva. "Il principale rischio è di scambiare il trading online per un casinò, con tutte le relative conseguenze" avverte un operatore della piazza ticinese. "Ci sono molti risparmiatori in cerca del 'colpo' della vita, ma evidentemente non è questa la strada giusta". Il sistema è fragile, proprio perché umano: doveroso dunque chiedersi quanto sia solida la sua credibilità.

Il mito di "battere il mercato"
Proprio perché c'è incertezza, la crisi è ahi noi propizia agli speculatori. Investono meno, ma ancor più a corto termine. Decisioni quasi immediate, al limite della razionalità, per "battere il mercato" e anticiparlo, credendo possibile sconfiggere un sistema con degli strumenti che sono il sistema stesso. I risultati si commentano da soli. Rick Ferri, un esperto statunitense di fondi d'investimento, è realista: o si ha molta fortuna o si dispone di informazioni strategiche. Ma siccome quest'ultima condizione assomiglia un po' troppo all'insider trading, un reato borsistico, per Ferri "avere fortuna ha molte più probabilità di funzionare". Semplicemente perché o si detiene un accesso alle informazioni che altri non hanno, o "l'abilità di analizzare le informazioni pubbliche meglio della grande maggioranza degli investitori". Ed è proprio quello di cui si vantano esperti e "guru finanziari" di ogni sorta. Ma chiediamoci: come si può pretendere di saper gestire un settore globale, rischioso e caotico e, per di più, poco trasparente, come vedremo, quando nemmeno ci riescono le autorità nazionali di vigilanza?

La lenta lotta agli abusi
Introducendo nel mercato un altissimo numero di acquisti o di vendite, per poi annullarle pochi secondi dopo ed approfittare delle variazioni di prezzo generate, è una diffusissima e controversa operazione. Front running, scalping, così vengono chiamate delle pratiche vietate negli Stati Uniti ma, curiosamente, non ancora in Svizzera. La borsa elvetica si è dotata nel 2009 di un codice di autodisciplina al quale dovrebbero, il condizionale è d'obbligo, attenersi tutti gli operatori, ma le sanzioni per chi sgarra "sono insufficienti", il diritto penale "presenta lacune" (2) e la modifica della legge sulle borse è stata proposta solo l'anno scorso. Strano vero? Succede quindi che le pratiche che si vorrebbero vietare non solo vengono insegnate, come al Centro studi bancari di Vezia, ma tranquillamente pubblicizzate da vaneggianti operatori, ad esempio al "Lugano Trading Forum 2011". (3)

Un altro trucchetto frequente è la manipolazione volontaria dei prezzi di mercato a proprio vantaggio. Un esempio? È l'inizio di aprile del 2009 e i Jardin Anglais di Ginevra sono in fiore. La centralissima rue du Rhône viene invasa da una trentina di magistrati ed ispettori finanziari che fanno irruzione negli uffici di una grossa società svizzera di trading online di divise. La sua piattaforma elettronica avrebbe imposto ad un cliente estero dei prezzi diversi da quelli del mercato: la denuncia è di truffa. Ignoto l'esito dell'inchiesta, ma i media riferiscono che per evitare il probabile fallimento a causa della vicenda legale, la società è stata assorbita da un altro gruppo svizzero del settore. Un caso che vale un consiglio: informarsi presso più operatori e scorrere la "lista nera" pubblicata dall'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari.

Giungla di prezzi
Il trading online, oltre che sempre accessibile, costa fino ad un terzo in meno rispetto alla normale consulenza bancaria, ma c'è una moltitudine di tariffe dalla quale è difficile districarsi. "Ogni fornitore propone i prezzi dei suoi prodotti come i più vantaggiosi" ha dichiarato ad esempio nel 2009 Mark Bürki di Swissquote. "Differenziare in base ai prezzi è pericoloso, perché se questa strategia funziona, la concorrenza farà lo stesso e questo argomento sparisce". Se lo dice il leader del settore in Svizzera, c'è da crederci. Le differenze tra le banche sulle borse estere possono raggiungere i 50 euro per operazioni sopra i 5 mila euro e 250 euro sopra i 20 mila euro, idem per le commissioni amministrative di deposito, fino al 25%. (4) Variazioni ovviamente meno favorevoli ai piccoli investitori non professionisti. Il circolo, dunque, non solo è viziato ma è anche vizioso: in Svizzera si stima che solo il 20% di tutti i clienti operi anche online, (4) quindi solo un maggiore peso di questo tipo di trading potrebbe far scendere i prezzi.

Più veloci, ma verso cosa?
La speculazione ormai scorre alla velocità della luce. Il 23 aprile scorso la società che gestisce la borsa di Zurigo, Six Swiss Exchange, ha messo in funzione un nuovo super sistema informatico che riduce i tempi di negoziazione online da 800 a 37 microsecondi. (5) Intanto, nell'Oceano Atlantico è stato posto un cavo a fibre ottiche ad altissima velocità che collega le borse di Londra e di New York. (6) Ciò la dice lunga sulle reali capacità delle leggi e della politica di stare al passo, ma il principio è chiaro: più veloci sono le connessioni informatiche, maggiori sono le operazioni finanziarie che si possono gestire ogni giorno, maggiori sarebbero le possibilità di guadagno. Non stupisce dunque che se nel 2007 si trattavano "solo" sei miliardi di azioni al giorno, oggi sono otto miliardi. (7) Vale la pena fermarci un attimo, come fa Marc Chesney, professore di finanza all'Università di Zurigo, per cui "l'intelligenza non significa andare sempre più veloci, ma sapere dove si vuole andare". (8) Lo stesso Jean-Pierre Danthine, vice direttore della Banca nazionale svizzera (Bns), nel 2011 ha avvertito che questi strumenti informatici sono "un'arma a doppio taglio: da un parte permettono di aumentare l'efficienza e di ridurre i costi, dall'altra intensificano la gravità di un 'crash' eventuale". Un'affermazione che, oggi, suona come profetica: nemmeno tre mesi fa la banca è stata decapitata per un presunto insider trading nel mercato delle divise.


Note: (1) "Wall Street Journal", 7 maggio 2010 (online).
(2) Messaggio 11.050 del Consiglio Federale, 31 agosto 2011.
(3) Riferimenti non pubblicati nella versione cartacea (nota dell'autore).
(4) "NZZ am Sonntag", 20 settembre 2009.
(5) "Le Temps", 25 aprile 2012.
(6) "Bloomberg", 29 marzo 2012.
(7) "Repubblica", 20 aprile 2012.
(8) "Le Temps", 30 dicembre 2011.


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