Oltre la meta

pubblicato da TicinoSette #7 17 febbraio 2012

"Qualsiasi partita di rugby è una partita di calcio che va fuori di testa. Con ordinata, e feroce, follia" (Alessandro Baricco) ...

Un pallone ovale che scappa ovunque, vitale ed imprevedibile. Dietro al rugby c'è questo, ama sottolineare l'allenatore del Rezzonico Rugby Club di Lugano, Alessandro Borghetti, venti anni di esperienza come giocatore ed allenatore. Mi accorgo subito che le somiglianze con il calcio o il football americano si fermano qui. "Nel rugby la palla si passa solo indietro, e a differenza degli altri sport, dopo le fasi statiche non esistono più i ruoli" mi dice Borghetti. Così in un centinaio di metri di campo si scatena il caos, una giocosa pazzia, solo apparente però, perché c'è ordine ed organizzazione. I "magnifici sette" scendono in campo, le facce sono concentrate, eccitate, a volte sofferenti, ci sono smorfie doloranti, ma soprattutto un'energia incontenibile per tenere quegli ottanta minuti. Andare avanti passando indietro, già, questo è tutto il paradosso che mi si palesa. Avanti verso quei pali a forma di "H" alti oltre tre metri, che si stagliano quasi infiniti verso il cielo buio di una fredda serata o in quello illuminato a giorno. Tutto questo ha un senso molto profondo: "la palla che si passa solo indietro rappresenta la considerazione del passato per costruire il futuro, la meta da raggiungere insieme, un obiettivo da condividere".

Il 2016 è una data importante: la versione di gioco con sette giocatori (esiste quella a quindici e a tredici) farà finalmente parte dei Giochi olimpici estivi di Rio de Janeiro. Ma comporre le squadre nazionali, pare, non sarà facile. Poco importa, per ora: se ci sarà da portare quell'ovale oltre la meta, lo si porterà. Mi è chiaro ormai, da profano, che il rugby corazzato all'americana è davvero molto lontano da qui. Questi piccoli "colossi di Rodi" alternano gioco di mani e gioco di piedi, nonostante i placcaggi, nonostante le muraglie umane: si rialzano come inossidabili e moderni gladiatori, come mi ricorda il "casco spartano", emblema della società luganese. A guardarli, sembrano tutti grossi uguali, questi "bestiali gentiluomini", ma non è così: "esiste un ruolo per ogni personalità e fisicità: il piccoletto estroverso e rompiscatole sarà sicuramente un buon mediano; il più grosso, paziente e altruista andrà in prima linea; mentre veloce e agile sarà un'ala". Chi sta in prima linea deve aprire la strada, per favorire quelli dietro, più agili e veloci. In mezzo, i mediani, per lanciare un'azione di gioco, viene rubata la palla e si scatena una travolgente fuga verso la meta. Qualcuno indossa delle protezioni, altri nulla: contusioni, lesioni, traumi, loro non sembrano nemmeno farci caso. "È uno sport per tanti, ma non per tutti" ammicca Borghetti, "i colpi duri si sopportano solo se diventano un piacere, quello su tutti di arrivare insieme alla meta".

Quest'anno il rugby svizzero compie quarant'anni, è giovane e fresco, ma già ricco di storia. Nel 1973, i bellinzonesi del Rugby Club Ticino debuttano in campionato, rimediando 24 sonore batoste dai ginevrini. Nel 1987 si riscattano, arrivando quasi ai vertici della lega nazionale A: tra loro, giocatori storici come Antonio Cadoni (oltre 220 partite all'attivo) e l'ex nazionale Luca Madonna. A Lugano, invece, è solo nel 2007 che si riaccende la scintilla: "prestateci un terreno e vi faremo vedere" avranno detto alcuni di loro ai comuni di Muzzano e Tesserete. E infatti: due anni dopo la squadra arriva a sfiorare la promozione in prima Lega. Oggi i numeri del rugby Lugano parlano da soli: una cinquantina di tesserati adulti e un frizzante settore giovanile che offre speranza. Certo, Sopra e Sottoceneri divisi, ancora, anche in questo sport, ma per Borghetti unire i talenti del cantone a Lugano sarebbe "ottimale", anche se, aggiunge, "capisco benissimo chi non condivide questa strada". I giovani, dicevo, ai quali "sin da piccoli si insegna a rispettare arbitro e avversari", oggi più che mai. Il rugby è questo: ha una "forte valenza educativa". Agli adolescenti, dunque, provare diverse discipline sportive prima di dedicarsi a una sola. Facile immaginare quale per il coach luganese: "sicuramente il rugby, o almeno lo spero!".