Tanti spot, poca informazione
pubblicato da L'Inchiesta #3 - maggio 2012
Nonostante i sussidi pubblici, le radio commerciali non garantiscono un servizio pubblico di qualità...Oltre 600 mila franchi a Radio Fiume Ticino e circa 470 mila franchi a Radio 3i. Sono i soldi che i cittadini spendono ogni anno tramite il canone radio-tv per finanziare le due emittenti private, in base alla concessione dell'Ufficio federale della comunicazione (Ufcom) del 2008. Ma secondo alcuni studi non vengono spesi bene.
«Deficit qualitativi importanti»
Per ricevere soldi pubblici, le due radio devono fornire «principalmente» informazioni locali e regionali, dice la legge. Ma il controllo della qualità informativa è lacunoso: spetta alle stesse radio farlo, tramite manuali e norme interne. L'Ufcom interviene solo ogni due anni su chiamata della stessa radio.
Nei suoi ultimi rapporti, il Forschungsbereich Öffentlichkeit und Gesellschaft (Fög) dell'Università di Zurigo è categorico: la quota parte del canone pubblico «non ha contribuito molto» ad un giornalismo «pertinente». Motivo: «risorse redazionali troppo deboli».
Per il Fög, l'informazione si riduce spesso a brevi citazioni, dispacci di agenzie e poco approfondimento: le loro offerte «dovrebbero essere sottomesse a delle esigenze più elevate», afferma, poiché ci sono «deficit qualitativi importanti».
«Purtroppo ci sono troppe limitazioni create dalla legge, per dar sì ai privati la possibilità di esprimersi, ma nello stesso tempo tenendoli confinati nella loro nicchia», replica il direttore di Radio Fiume Ticino Duilio Parietti. «Il legislatore si è assicurato che i privati non rappresentassero un’alternativa reale alla Società svizzera di radiotelevisione (Ssr)».
«Finché le risorse del canone saranno quelle di oggi, non si può pretendere che le private offrano un giornalismo d’informazione pertinente», ribatte il direttore di Radio 3i Marco Bazzi. Ma «la nostra redazione, per la realtà che conoscono, lavora in modo serio e professionale. Le conclusioni degli studi citati sono fuorvianti».
Meno contenuti, più pubblicità
L'ascoltatore ticinese di radio private deve sorbirsi un altissimo tasso di interruzioni pubblicitarie, «in media circa quattro volte in più rispetto alle emittenti private bernesi», dice un monitoraggio del 2009 dell'Università della Svizzera italiana (Usi). Radio 3i sarebbe tuttora la radio con più pubblicità in Svizzera.
Nel 2007 Radio Fiume Ticino ha incassato quasi 950 mila franchi di inserzioni, Radio 3i quasi 780 mila. Ma sono più importanti i soldi o la qualità dei contenuti? «La concorrenza è soprattutto di carattere pubblicitario più che nei contenuti», ha dichiarato nel 2008 l'ex direttore di Radio Fiume Ticino Oscar Acciari in un altro studio dell'Usi/Ufcom.
«Per un certo tipo di inserzionisti, la radio è un veicolo molto interessante e con un ottimo rapporto prezzo-efficacia», commenta Bazzi. «Non vedo quindi per quale motivo Radio 3i dovrebbe rinunciare alla pubblicità che raccoglie, limitandola al di sotto dei limiti imposti dalla legge federale, che vengono rigorosamente rispettati».
Per Parietti, la colpa sarebbe delle radio italiane di confine che riducono la fetta pubblicitaria, facendo abbassare i prezzi. Per l'Usi, nel 2009 il costo al secondo per inserzione oscillava tra 50 e 70 centesimi. Per Parietti però «il prezzo reale è inferiore». Né Parietti né Bazzi l'hanno comunicato.
Offerte simili: il rischio di un doppione
La musica di Radio 3i e Radio Fiume Ticino è composta per lo più dalle "hits" del momento, a rotazione e più volte al giorno. Stando al monitoraggio Usi/Ufcom del 2010, sei brani su dieci non hanno più di un anno e sono di genere "pop" in inglese. Rispetto alle classifiche di vendita, Radio 3i presenta «valori molto simili a Radio Fiume Ticino». Qualitativamente, non è raro che si sentano le stesse canzoni su entrambe le emittenti. Un doppione a spese di chi paga il canone?
«Forse a livello di percentuali, ma non certo di contenuti e di modo d’intendere l’animazione», ribatte Parietti. «Con il lancio dei nuovi palinsesti i nostri prodotti si sono ulteriormente diversificati».
«Da settembre abbiamo adottato un nuovo format per un target più adulto rispetto al passato», dice Bazzi. «Pongo un'altra domanda: perché il consumatore deve finanziare Rete Tre che propone musica simile a quella di Radio 3i?»