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"Peter Kernel", crescere bene

pubblicato il 24.9.2014

Non mi sveno per il genere, tantomeno per le composizioni melodiche e i timbri vocali dei due, ma quello che mi ha colpito stavolta...

LUGANO - Pensavo fossero scomparsi o addirittura sciolti a causa della parentesi solista del progetto "Camilla Sparksss". E invece... Premetto che il loro "art-punk" (o "post-punk" o neo qualcosa... ) non è il mio genere preferito, ma dopo la stramba (o provocatoria?) esibizione del 2012 al "Busker Festival" a Lugano (erano stati relegati - o s'erano volontariamente segregati? boh! - in fondo al parco Ciani su una paletta di legno e per di più con una micro-strumentazione tipo giocattolo), era più che doveroso che si riprendessero lo spazio che meritano. Sto parlando di una "family band", i "Peter Kernel", con la loro etichetta (premiata per il suo valore culturale da Migros - e forse era un bel po' che non accadeva da queste parti, o sbaglio?), i loro video (sempre ben girati anche se non sempre originali e innovativi, ma è la musica che conta, vero?) e soprattutto, appunto, quei suoni ostici per certe orecchie. Sono stati parecchio recensiti negli ultimi mesi all'estero, in bene o in male poco importa, conta che si parli e si scriva di musica.

Il punto è che, come per pochissime altre band locali, indubbio è il talento, ma è la costanza, il coraggio di dedicarsi "solo" a questo, proporsi fuori dalla viziosa ovatta cantonale, l'insistere nel management e nel marketing (un certo innegabile gusto grafico), che finiscono per pagare alla lunga. Conosco solo di vista "BarbAris" (scusate il gioco di parole), quindi propenderei per la provocazione voluta del 2012 (oltre che per l'essenza stessa del Busker), ma oggi anche il tempo della provocazione è finito, ha stufato, ha rotto il c*%£$! È finito proprio il 13 settembre scorso al Living Room all'interno di "Label Suisse Night", durante un concerto di un'ora e mezza buona per presentare il nuovo singolo "Your Party Sucks" (non stupisce ma è coerente, sono loro, mentre è musica per le mie orecchie il "riff" finale di chitarra...). Sala pienotta, pubblico galvanizzato, sempre un po' di gretta caciara, ma i pezzi scivolano via bene, uno dopo l'altro, senza sbavature, ben assemblati tra basso, chitarra, batteria e voci. Nessuna sbavatura, malgrado Aris temesse il peggio per il nuovo singolo. E non c'era il suono che si sente a volte nel locale: lo zampino di Andrea alla regia (loro fonico italiano da cui hanno registrato) mi pare abbia fatto - stavolta - la differenza (e non me ne voglia nessuno).

Quello che mi aveva colpito nel 2012 era stata la loro energica autoironia ma sorretta da una motivazione direi viscerale. Ripeto, non mi sveno per il genere, tantomeno per le loro composizioni melodiche e i timbri vocali, ma quello che mi ha colpito stavolta - essendo più attento forse perché pagante? - è stata la padronanza dei rispettivi strumenti e la qualità dei suoni. Del batterista posso dire solo che mi è piaciuto e mi scuso, ma nel duo "BarbAris" ho notato una maturità crescente, una capacità di coinvolgere il difficile (non per competenza, ma per indole) pubblico ticinese (tanto che alcune persone sono salite sul palco), la loro simpatica "schizofrenia" e sempre quella fantastica, irrinunciabile, magnifica modestia che mi auguro, a loro come a tutte le band di provincia, non perdano mai. Voglio credere che BarbAris (già, come i barbari, andate, conquistate, "arricchitevi"...) si amino, ma sono certo che amano quello che stanno facendo. Avanti così, che si cresce bene!