Negozi di dischi. Reperti musicali

pubblicato da TicinoSette #24 - 15 giugno 2012

Se fosse un essere vivente o un edificio di pregio sarebbe iscritto da tempo nelle famose liste rosse: parliamo dei “negozi di dischi”, luoghi magici ma in lenta, silenziosa estinzione....

Celebriamo un luogo in via di estinzione. L'impero del fast listening comandato da insensibili catene commerciali e, soprattutto, del crescente download di musica e canzoni da internet, li sta facendo fuori uno a uno. Un'altra strage impunita. Certo i tempi corrono, i megabyte circolano, ma c'è ancora chi non si rassegna. Tra alcune chicche e rarità, si può persino riscoprire cos'è un vinile (sì, quell'oggetto nero e rotondo con un buco in mezzo!), ottenere una consulenza competente ed ordinare materiale guardando in faccia qualcuno. Non è la semplice evoluzione di un mercato, anche se forse destinato a scomparire un giorno.

Profughi e rifugiati musicali
"Perché non ci sono più veri negozi di dischi in Ticino? Vergognati, mondo!". Appello tratto dal sito di un'ottima web radio ticinese. Ce ne sono ancora, suvvia, ma la perdita di "musico-diversità" è incontestabile. "Una schifezza! Da sociopatico mi trovavo bene solo nei negozi di dischi e ora non ci sono piú!" mi ha detto un tizio di un gruppo musicale ticinese. "Io ordino almeno dieci Cd al mese, vado nei negozi di musica e mi piace comprare Cd!" mi fa orgoglioso il suo bassista. Rifugiati del disco e profughi del vinile che fuggono dal disastro della musica commerciale. Non mi spiace che le grosse case discografiche che monopolizzano il mercato abbiano perso soldi, mi spiace che lo scaricamento gratis da internet ne ha fatti perdere ai musicisti, ridotti ormai a fare più concerti e tournée dal vivo. Mi piace invece che ci sono etichette indipendenti premiate e riconosciute, anche in Ticino. Che nell'era della "macdonaldizzazione" della musica è rinato il vinile, dato per defunto ma per i puristi più vicino ai suoni desiderati dagli artisti e di qualità migliore. Avrà ragione la rivista "Rolling Stones" che ha già dato per spacciato il cd rispetto al vinile? Ciò che importa è che, per una volta, è la scatola che conta, non tanto quello che contiene.

"Record Store Day"
Alzi la mano chi lo sapeva! Ok, nessuno. Sabato 21 aprile 2012 è stato celebrato per la quinta volta il Record Store Day (la giornata del negozio di dischi). Lanciata nel 2007 da alcuni inguaribili appassionati negli Stati Uniti, all'appello di salvaguardia hanno via via aderito centinaia di negozi nord-americani ed europei, anche sette svizzeri. Per aderire, il proprietario dovrebbe possedere tre quarti del negozio e incassare almeno la metà dalle "vendite fisiche", cioè da clienti in carne ed ossa, non virtualmente. L'evento proponeva stampe speciali di Cd e vinili, promozioni, concerti e incontri coi musicisti. Peccato che da noi nessuno lo sapesse, nemmeno gli stessi negozi sopravvissuti a Bellinzona, Lugano e Locarno (a Chiasso l'ultimo ha chiuso qualche anno fa)! Imbarazzante amara constatazione: è la clientela che decide, dicono. Non rincuora il fatto che persino a Londra e Los Angeles abbiano chiuso i battenti storici negozi. "Poveri discofili sentimentali!" dirà qualcuno. Sicuramente, ma coraggiosi. "Una lotta inutile!" commenterà un altro. No, indispensabile. Costoro non sanno niente di questi combattenti della contro-modernità, questi sopravvissuti dello tsunami mercificante dei grandi distributori.

Le dita tra la plastica
Ci sono odori unici e colori personalizzati. Una canzone di sottofondo, mica quella in sequenza del supermercato, ma dettata dall'umore del giorno del proprietario, che poco a poco impari a conoscere. Sei all'interno di una vita, di una storia alla quale chi scrive è testimone orgoglioso. Non è la musica, dicevo, di un qualsiasi freddo ipermercato, tra decine di pentole e detersivi tutti uguali. Non è l'intermezzo tra l'annuncio dei cosmetici scontati e l'etto di carne trita al bancone. Qui non si cerca di liberarsi dei fondi di magazzino, col bollino giallo, ammassati disordinatamente in uno scaffale polveroso. Tra pentole e detersivi tutti uguali. Qui non si spacciano canzonette per "opere d'arte", per "artisti" interpreti fabbricati a tavolino dalle major. Qui ci sono indagatori della musica, archeologi alla ricerca del cimelio sonoro perduto. Gente che affonda le dita tra la plastica e che se non trova s'incazza o rimane delusa. Alla cassa però non c'è uno sprovveduto che ti manda al servizio informazioni, ma un vero esperto e consulente musicale. In questo museo puoi essere il primo a togliere la plastica dall'involucro. Non è forse un privilegio? Puoi sfogliare con calma la copertina e sentirne l'odore, inserire il cd in un lettore, indossare cuffie usate ma comode e goderti, come a casa, una canzone che potrebbe cambiarti, se non la vita, almeno la giornata.