Grotti. Cavità culinarie

pubblicato da TicinoSette #41 - 11.10.2013

Poi ecco tagliata ("taiada") mista di salumi (di solito prosciutto crudo, coppa, mortadella, salametto, carne secca), formaggi ("furmagin") stagionati (alpe, zincarlin, "büscion", robiola, ecc.),...

Qualche anno fa mi sono sentito in dovere di correggere una collega del maggiore quotidiano svizzero, il "Blick". Nella sua rubrica di costume parlava della sua estate in Ticino e ad un certo punto accenna ai nostri mitici grotti. Finché ecco che, forse più brava a scrivere di mondanità che di turismo, mi cadono le braccia quando la zurighese dice che ci si va a mangiare... pizza e spaghetti! Se è vero che oggi, ahi noi, c'è anche questo, le dissi che in pratica gli spaghetti coi grotti c'entrano come le patate bollite col fast-food. Lei cadde dalle nuvole, ammettendo di essere una turista poco informata. Mi chiese cosa significasse la parola "grotto", ci pensai su, intuendo qualcosa, ma senza trovare subito una precisa risposta. Ecco, mi dissi, l'ignoranza della collega è colpa sua o colpa nostra? E il mio dubbio sull'etimologia del termine, è colpa di chi?

"Ticinesismo" da cantina
Val la pena ribadire una giustificata critica: se mancano braccia indigene all'agricoltura, ne mancano anche ai grotti. I nostri avi si ribalterebbero nella tomba se sapessero come sono traditi, traviati, commercializzati, abbandonati certi grotti. Non più così rustici, insomma, ma per fortuna ancora molto discosti ed ombreggiati. Non sono ormai una miniera d'oro, piuttosto di muffa e di umidità, perché se ti va bene ci lavori sì e no sei mesi l'anno. La parola "grotto" non è roba per tutti i dizionari, anzi, trattandosi di un "ticinesismo". Serve lo "svizzionario" o la "ticiclopedia". Se ne assegna l'origine alla nostra terra, del Ticino e della Mesolcina, e anche al nord Italia (il "crotto"), definendoli come "sorta di cantine per conservare prodotti agricoli locali (...) spesso ricavati da grotte naturali (da cui il nome)".

Il cibo dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere effettivamente nostrano, cioè a chilometro zero, tipo mazza casalinga. Obbligatori i tavoli esterni di granito ticinese, quelli che fanno sbucciare le ginocchia agli spilungoni; e le panche di sasso, quelle da mal di sedere per i magri. Si mangia sotto gli alberi dai quali, immancabilmente, cascano formiche ed insetti vari nel piatto. Attorno, solo sassi e pietre, al suolo terra e ghiaia. Le cucine (o le cantine) sono quello che sono. Se dovessimo dare retta a certi controlli o inchieste televisive, potremmo farli chiudere tutti, ma che volete che sia qualche battere? Sull'oste non si transige: se al cliente non si rivolge in dialetto ticinese e in modo un po' scorbutico, mi spiace ma non vi trovate in un vero grotto.

"Maia quel che ghè"
Forse è scritto in modo errato, mi perdonino i cultori del dialetto, ma è quello che dobbiamo sentirci dire quando ci andiamo. Ricordo un'estate in Mesolcina. Tre, quattro grotti in fila all'altro, vagonate di rumorosi turisti tedescofoni, ma solo uno era quello più vicino alla tradizione: quello con meno clienti. Cantina a mo' di baita contro montagna, tavoloni di sasso, doppio filare d'alberi, clienti abituali che ti squadrano, la gerente paffuta e simpatica. Sul tavolo, a parte formiche e un portacenere, non c'era niente, nemmeno la carta del menu. "Cosa avete di buono?" le ho chiesto. "Eh, quel che ghè!" fece lei, ammiccando. Poi ecco: tagliata ("taiada") mista di salumi (di solito prosciutto crudo, coppa, mortadella, salametto, carne secca), formaggi ("furmagin") stagionati (alpe, zincarlin, "büscion", robiola, ecc.), "vin nustran" leggero (anche se poi dipende, a volte è buono per i gargarismi o per pulire i vetri), tazzino o boccalino, la "gazösa" (tradizionale limonata ticinese), "ul mezz e mezz", pane e, se ti va bene, sottaceti.

A volte trovi le costine, ma si son fatte rare quelle grigliate al momento e non precotte, pesci in carpione, risotti, minestroni, insalate e poche altre cose. In certi posti la polenta nelle sue varie modalità, trippa, selvaggina, bistecche e persino lumache. In altri posti, come detto, roast beef, pizze e spaghetti allo scoglio! Francamente, oggi come oggi, andare per grotti (quelli veri) è diventata un'impresa: come non capire la povera zurighese? E quei pochi che frequentiamo, ce li teniamo per noi, non li riveliamo. Anche se poi, ti è difficile crederlo, arrivi speranzoso e affamato ma loro, certi turisti del nord, eccoli già lì, arrivati prima di te, clienti da più tempo di te, a chiacchierare ad alta voce e ad ordinare in buon italiano.