Gite sotto processo

pubblicato da Ticinosette #8 - 19.2.2016

Dagli incidenti ai docenti poco tutelati, dalle nuove tecnologie alla maggiore mobilità giovanile: i viaggi d'istruzione hanno ancora senso?

Il sasso nello stagno l'ha lanciato in Italia in ottobre Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, dopo l'incidente all'Expo costato la vita a un 17enne durante il viaggio d’istruzione . “(...) andrebbero aboliti e se i professori non vogliono più accompagnare gli studenti hanno ragione” ha dichiarato Rembado. Motivo: “(...) hanno ragione perché le responsabilità che si assumono non possono avere copertura completa. (…) non hanno modo di controllare per tutto il tempo i ragazzi: anche la vigilanza notturna è necessariamente limitata nel tempo. Gli insegnanti avranno il diritto di riposare. O no?”.

Gite finite male
Il dramma di Milano non è isolato. Nel 2013 una 13enne inglese è morta dopo essere caduta da una seggiovia in Piemonte. Anche il nostro paese ne sa qualcosa. L'anno scorso a Roma un allievo 16enne di Losanna è deceduto mentre “giocava” con dei compagni con un coltello. Una 15enne nel 2007 è affogata in un fiume durante un'attività di “rafting”, mentre nel 2013 un 12enne non è sopravvissuto alla ferite dopo essere caduto in una scarpata.

Nel 2007 in Ticino un 12enne ha rischiato la vita al parco avventura del Monte Tamaro. E poi ci sono episodi che non riguardano direttamente i docenti (si veda i tre 16enni zurighesi accusati nel 2009 a Monaco di tentato assassinio) o gli allievi (lo scorso marzo il conducente di un autobus si è schiantato contro un cartello autostradale in Val Mesolcina ferendo tre 18enni). Tutti questi avvenimenti hanno in comune una cosa: sono capitati durante delle gite scolastiche.

Non sembra che dopo questi casi vi sia stata chissà quale messa in discussione delle gite, anche se il controllo e la sicurezza permanente non esiste, anche se i docenti continuano a non essere tutelati e retribuiti per queste attività fuori dall'aula.

Giovani che viaggiano
“Nella nostra epoca la mobilità degli studenti è molto più elevata di un tempo. Con biglietti agevolati, voli low-cost e prezzi abbordabili ormai partono quasi tutti. Non è come un tempo in cui per molti ragazzi il viaggio d’istruzione costituiva un’occasione per uscire dal proprio contesto familiare” ha dichiarato Rembado. Non ha tutti i torti. L'Unione Europea afferma che dalla fine degli anni Novanta, grazie a cellulari e Internet, “(…) i giovani viaggiano di più, gli studenti si concedono spesso un anno sabbatico per girare il mondo e usano l’e-mail per tenersi in contatto”.

Anche in Svizzera è così: un recente sondaggio afferma che “solo il 2% non ha mai varcato i confini, mentre oltre un terzo dei partecipanti ha visitato almeno sei Paesi stranieri”. Per questo, dice Rembado, “oggi il viaggio d’istruzione non svolge neppure la funzione di un tempo: di socializzazione tra docente e studente”. Tanto vale, conclude, fare “soltanto visite di un giorno in giro per musei e nei luoghi d’interesse della propria città, senza pernottamenti” di più notti o all'estero.

Una dura tradizione
Insomma, è giusto che la scuola si occupi ancora di queste attività culturali e relazionali sempre più diffuse fuori dall'aula, in famiglia, tra amici, tramite lo sport, le arti, ecc.? La gita è uno svago per gli allievi, un ulteriore disimpegno per i genitori e soltanto più stress per i docenti? Sarebbe opportuno chiederselo senza ideologie né nostalgie, oltre il pretesto didattico di geografia o di storia che, molto spesso, equivale a momentanee nozioni destinate al dimenticatoio.

Adolfo Tomasini, ex direttore delle scuole comunali di Locarno, nel suo blog scrive: “il ’68 ha spazzato via con un colpo di spugna vecchie consuetudini vuote di senso, non così la passeggiata (…) una banale scampagnata, dove i preparativi sono dominati dalla ricerca del finanziamento”.

Forse non è sempre così, ma è vero che senza soldi (e senza docenti disponibili) la gita non si fa, come quest'anno al Liceo 1 di Lugano. I giovani Popolari Democratici si sono allarmati difendendo, con toni un po' da “scout”, la gita come una “importante offerta formativa”, una “esperienza unica”.

In gita si riempiono musei, parchi tematici, zoo, alberghi; si finanziano le aziende di trasporto, ma poi? È probabile che in Ticino abbia ancora vita lunga, tant'è che persino al DFA/Supsi c'è un corso a tema per i futuri docenti, trattandosi di “(…) un momento privilegiato nell'iter scolastico di un bambino”. Il dibattito è aperto.