La forza del cervello: il genietto dove lo metto?

pubblicato da Ticinosette #9 - 2.3.2018
Un bambino di 7 anni di seconda elementare ha chiesto in classe quanto fa 5 diviso 2. “Non si può fare!” gli risponde il docente. Una volta a casa, il bimbo prende due pezzi da 2 franchi e 50 per comporre cinque franchi, senza aiuto né spiegazioni. Questo esempio realmente accaduto - raccontato a "Il Caffè" da Giovanni Galli -  illustra come alcuni bambini, pochi in verità, hanno una precocità intellettuale notevolmente superiore alla media e alla loro età.

Li chiamano “bambini APC” (o ad Alto Potenziale Cognitivo), oppure “superdotati”, “genietti” ecc. Il fenomeno, tuttora parzialmente incompreso malgrado lo sviluppo delle neuroscienze, è sempre più di attualità in una società iper-produttiva, veloce e basata sulla conoscenza. Ma in Ticino, in una scuola che si vuole democratica e in cui la priorità sono gli allievi più deboli, cosa si fa per questi “genietti”? E c'è davvero da invidiarli?

Si colma un ritardo
In Svizzera a prestare maggiore attenzione ai bambini APC sono stati i cantoni tedeschi e poi quelli francesi. A nord delle Alpi infatti esiste una “Rete per lo sviluppo dei talenti” (“Netzwerk Begabungsförderung”) che coinvolge vari enti pubblici, oppure dal 1998 è attiva l'Associazione Svizzera per i Bambini ad Alto Potenziale (“Association Suisse pour les Efant à Haut Potentiel”). A Zurigo i “genietti” possono iscriversi alla scuola privata “Talenta”, a Losanna all'Ècole de la Garanderie. Nulla di tutto questo in Ticino. Il sistema scolastico “inclusivo” o “integrativo” ticinese fa sì che tutti i bambini, deboli o no, stiano insieme per raggiungere gli obiettivi minimi, o quanto meno questa è l'intenzione.

Nella legge scolastica i termini “precoce” o “superdotato” non esistono. Tuttavia dal 2001 la riflessione si è fatta largo anche a sud delle Alpi grazie a Edo Dozio, ex responsabile del Servizio di sostegno pedagogico (SSP) nella scuola media. Nel 2003, con Giuseppe Bontà, pubblicò un rapporto che è all'origine delle direttive sugli allievi “intellettualmente precoci” del 2011 e del 2017 del Dipartimento educazione cultura e sport (DECS).

Un documento del cantone specifica che i bambini APC “sono inseriti nelle classi di scuola regolare”, ma “forme di scolarizzazione speciale non sono né previste né incoraggiate, poiché rimane importante che questi allievi continuino ad avere relazioni stabili con il loro contesto sociale”. Possono tuttavia beneficiare di “misure di differenziazione pedagogica”, cioè li si segue possibilmente in modo individualizzato, oppure del “salto di classe”, come accade anche nei cantoni di Berna e Vallese. Nel Jura, Vaud e Ginevra esiste anche l'esonero da certe materie o delle “misure di arricchimento” tramite pomeriggi didattici a loro dedicati.

Una sfida per la scuola
Nel 2001 Dozio si chiedeva se la questione dei “genietti” fosse più un “problema”, una “patologia” o una “moda”? Ancora oggi è difficile rispondere. La letteratura scientifica non si trova d'accordo su termini, definizioni, cause, tracciabilità, e per la scuola la sfida è tutt'altro che semplice di fronte alla crescente eterogeneità di allievi, ai doveri sempre più gravosi che incombono sui docenti, senza parlare di misure di risparmio e progetti di riforma. È davvero possibile aiutare i più scarsi senza dimenticare i superdotati e viceversa?

Secondo Dozio e Bontà “è necessaria un'evoluzione complessiva della scuola verso la messa in atto di dispositivi di apprendimento flessibili e differenziati”. È quello che si tenta di fare già oggi e che vorrebbe instaurare la discussa riforma “La scuola che verrà” attraverso, leggiamo, “gruppi a differenziazione simultanea” per “permettere agli allievi particolarmente dotati di dedicarsi al conseguimento di obiettivi di sviluppo”. Attualmente è difficile, per non dire spesso impossibile: il sistema è troppo rigido tra piani di studio da applicare, griglie orarie, ore lezione ecc. Ogni materia poi è diversa e gestire una classe di 20-25 bambini non è affatto semplice.

La cosa si complica se si considera che i bambini APC, malgrado le loro incredibili doti, spesso presentano “problemi di adattamento psicologico, sociale, familiare e/o scolastico”, quindi “possono insorgere delle difficoltà di adattamento” affermano le direttive del DECS. Insomma, anche i “genietti” hanno il loro rovescio della medaglia. Ma quanti sono? La letteratura parla di circa il 2% della popolazione scolastica tra 6 e 16 anni. In Ticino sarebbero quindi circa 700, ma in realtà sono una decina i casi all'anno segnalati ai servizi scolastici. Il motivo è che è molto complicato identificarli oppure, semplicemente, manca il tempo o le competenze.

Il ruolo degli insegnanti
Nell'anno scolastico 2012-2013 il Dipartimento Formazione e Apprendimento (DFA) della SUPSI aveva offerto per la prima volta un corso di aggiornamento intitolato “L’Alto Potenziale Cognitivo a scuola: vantaggio od ostacolo?”. Ma su tre migliaia di docenti delle scuole dell'obbligo vi si era iscritta... meno di una dozzina! Ce lo rivela Claudio Della Santa, responsabile della formazione continua alla SUPSI, il quale precisa tuttavia che il corso venne organizzato lo stesso. Poi si è deciso di inserire il tema dei bambini APC nella nella formazione generale dei docenti valida per tutti. Il motivo, ci spiega Della Santa, è che non aveva senso offrire corsi su ogni singola problematica della popolazione scolastica (dislessia, discalculia ecc.).

L'universo dei bambini APC è dunque misterioso e complicato: più il docente è consapevole più riuscirà a distinguerli da altri che, invece, potrebbero manifestare forme di disagio di tutt'altro genere. L'associazione svizzera afferma che “non esiste un tipo specifico di bambino ad alto potenziale, ma allievi che presentano dei profili comuni”. Inoltre, si legge nel corso della SUPSI, “spesso soffrono e presentano caratteristiche inosservate (o inosservabili) in ambito scolastico”. Va cioè considerato anche l'ambito famigliare e sociale.

Un paradigma da cambiare?
Quello che di fatto succede, come nel canton Vaud, è che “un depistaggio sistematico sotto forma di una somministrazione di un test di intelligenza è improponibile visto il numero elevato di allievi” scriveva Dozio nel suo rapporto. Ciò vale anche per il Ticino. L'esperto spiegava che “in Ticino è il docente titolare che ha la responsabilità dell'insieme dei suoi allievi”, mentre “gli altri operatori che intervengono nella classe (p. es. i docenti di sostegno pedagogico, ndr.) hanno lo scopo di favorire la differenziazione e la presa a carico dell'intera classe da parte del titolare”. In sostanza è una questione di numeri, di possibilità umane.

Per questo ancora nel 2013 la SUPSI affermava che “le caratteristiche e le necessità pedagogico didattiche della scuola solo saltuariamente attivano le caratteristiche cognitive e funzionali dell’alto potenziale”. Forse soltanto riducendo il numero di allievi per classe, aggiungendo docenti in classe e potenziando le loro competenze si potrebbero identificare più “facilmente” i bambini APC? Un fatto è certo: non è riconoscendo come si fa oggi soltanto i giovani talenti sportivi (che sono già al beneficio di classi ridotte e orari flessibili) e snobbando invece gli altri che cambieranno le cose.

Anche Dozio e Bontà se lo chiedevano. Insomma, perché i bambini con grandi capacità fisiche o agonistiche sono aiutati, mentre lo sono meno quelli con uno spiccato talento artistico, musicale o intellettuale? Per Dozio e Bontà “la probabile ragione è che lo sport ha una valenza socio-politica diversa in caso di prestazioni eccezionali”. Come dire che premiare l'intelletto anziché la prestazione fisica è una scelta di società che compete soltanto ai politici.



Maggiore attenzione anche in Ticino

INTERVISTA - Dal 2016 al dibattito sull'alto potenziale cognitivo (APC) dei bambini contribuisce anche un'associazione di Locarno, “Filo di seta”, composta dalla società civile e da esperti. Intervista alla psicologa, fondatrice e membro di comitato, Lara Battaglia.

Signora Battaglia, come è nata la vostra associazione?
“L’associazione è nata da un gruppo di persone interessate a vario titolo al tema dell’APC: genitori di bambini APC, adulti APC, docenti, psicologi, medici”.

Come mai solo ora? Non è un po' tardi?
“Tardi rispetto a cosa? Diremmo piuttosto: perché adesso? È vero che in altre nazioni e in altri Cantoni svizzeri associazioni come la nostra sono nate prima di noi, ma riteniamo che il momento attuale sia quello giusto in Ticino. Sia a livello sociale sia a livello scolastico si nota una sempre maggiore attenzione e sensibilità verso l’accettazione e la valorizzazione delle differenze, di qualunque natura esse siano”.

In che modo fate sensibilizzazione?
“Con conferenze tenute da specialisti, incontri tra soci e persone interessate al tema per discutere di argomenti che accomunano le persone APC, proposte di corsi di formazione continua”.

Notate dei progressi in Ticino?
“Due termini molto importanti, che sono il fondamento delle riforme scolastiche attualmente in corso, sono “differenziazione” e “personalizzazione degli apprendimenti”. Non possiamo che salutare positivamente la nuova strada che la scuola ticinese sta intraprendendo. D’altra parte la scuola è composta da tante realtà scolastiche puntuali, soprattutto quando si parla di minoranze di bambini e i ragazzi sono tutti diversi per cui non è possibile generalizzare”.

Come agite verso la scuola?
“Quando un genitore nota un disagio in suo figlio a scuola o in famiglia e, per il nostro tramite, scopre che i suoi comportamenti possono essere rimandati ai tratti dell’APC, da noi può avere un sostegno, un consiglio per sapere a chi si può rivolgere, conoscere persone che vivono la sua stessa realtà. Vogliamo anche essere informati e informare ad esempio genitori che non sanno l’iter corretto per chiedere un intervento alle istanze educative. Non è nostro obiettivo sostituirci agli specialisti attivi nella scuola e sul territorio. Il nostro ruolo è quello di sensibilizzare e informare su un tema che alle nostre latitudini è meno conosciuto che altrove”.