Flavia Leuenberger


Discariche. Cattedrali del consumo

pubblicato da TicinoSette #36 9 settembre 2011

Perché noi siamo quello che mangiamo ma, soprattutto, siamo quello che buttiamo...

Il pattume fa parte di noi. Siamo quello che mangiamo, ma anche quello che buttiamo. I rifiuti sono così intrinsechi alla nostra società iperconsumistica, che abbiamo costruito loro una "casa", la discarica, o "eco-centro", che fa più chic, con tanto di orari di visita (è un luogo aperto, ma non troppo) e videosorveglianza (non tutti ci possono andare). Addirittura, se qualche turista capitato nel Bellinzonese non sa più cosa fare, può andare a farsi un giro nella "cattedrale" del pattume, il termovalorizzatore di Giubiasco. Non è uno scherzo: è accaduto sabato 8 agosto 2010. Evento promosso anche da Ticino Turismo. Che c'è di male? Nulla. Dell'educazione al consumo, in fondo, stiamo parlando. O meglio, del consumare educatamente.

Pattume per tutti
Raccolta differenziata, separata, "turismo del sacco", tassa sul sacco, "chi inquina paga", stoccaggio, riciclaggio, ecc. Quante parole conosciamo grazie ad enormi e puzzolenti e costosi immondezzai? E quante invece se ne sprecano perché c'è sempre del pattume da qualche parte? Perché ogni europeo in media produce 600 chili di rifiuti all'anno? Perché il concetto "rifiuti zero" è fantapolitica. Siamo destinati a convivere col pattume, affare sicuro, perché circolare. In poche parole, vivendo si inquina. Così gongolano le "eco-mafie", gestendo male i rifiuti, e chi risana, o tenta di farlo al meglio. Il problema è che chi inquina, di solito, non vuole pagare, così noi paghiamo chi risana. Contraddizione di fondo, quantomeno. È successo qui, di recente, con il sito dell'ex raffineria Miranco a Stabio: quasi 10 milioni di franchi di soldi pubblici. A guadagnare, nella polemica, la ditta di un'ex parlamentare popolare democratica. Perché gli inquinatori senza scrupoli del passato non sono mai stati chiamati alla cassa? Altri tempi, altre sensibilità, altre leggi, si dirà. Ma quanti problemi in meno (e più soldi in tasca) avremmo avuto se si fosse consumato meno, o prodotto meglio, ma anche demolito e costruito meno?

Un senso alla monnezza
Il consiglio turistico, comunque, è da cogliere, perché educativo. Se c'è sempre, ahi noi, qualcosa da buttare, in discarica c'è anche sempre qualcuno o qualcosa che si conosce. C'è l'opera d'arte presa e gettata nel pattume da due netturbini, come accaduto l'anno scorso a Padova, ma c'è anche il pattume che diventa arte da una presa idraulica, arte del riciclo. La discarica è sia luogo sia non-luogo: spazio di raccolta di oggetti con un senso, ma anche spazio di oggetti senza riferimenti e senza identità. Rifiuti, appunto. In Ticino ci sono tante discariche, una quindicina, almeno quelle legali. Strano che l'arte dei rifiuti non trovi molto spazio, mentre si preferisce l'arte nei rifiuti: all'interno dell'inceneritore di Giubiasco verrà infatti installata un'opera. Ma andare per discariche non è mica cosa da tutti e chi ci va, a volte, lo fa di corsa, sia perché deve buttare oggetti praticamente nuovi, sia perché, semplicemente, deve buttare. Rimane però un luogo come pochi che ci appartiene: solo quando siamo presenti, il rifiuto riacquista un senso. In ogni caso, non affrettatevi, chi non può andarci oggi, ci andrà domani, tanto l'autorità cantonale, secondo il cosiddetto "piano direttore", intende pianificare e realizzare nuove discariche pubbliche.

Un rifiuto non si scorda mai
Immaginiamo una casalinga di Novazzano o di Coldrerio spiegare ai figli che laggiù, prima del 1991, c'erano parchi e boschi al posto della discarica reattore della Valle della Motta. Immaginiamo i figli rispondere: "e allora?". E allora niente, le cose stanno così. Come è vero che il nostro territorio non è solo fatto di splendide vallate, laghi e fiumi (quasi) incontaminati, ma anche di tanti, davvero tanti siti più o meno inquinati, almeno 1'700 quelli individuati finora. In media, uno ogni 200 abitanti e forse ce ne sono di più. Otto su dieci sono aziende dismesse, il resto discariche a cielo aperto. A volte (come a Stabio o Coldrerio), create proprio sopra la falda freatica, dove si prende l'acqua. Fanta-informazione? No, chiedete a Preonzo dell'ex Petrolchimica, a Bodio dei quintali di idrocarburi e metalli pesanti della ex Monteforno, a Rivera del cromo giallognolo dell'ex Galvacrom, a Cadenazzo dell'ex-Fondeca, a Biasca del deposito della Giustizia, a Riazzino dei sedimi ex-Cir, a Bioggio dell'ex inceneritore, a Pollegio del deposito Russo, a Locarno dell'ex officina del gas, a Coldrerio del pozzo di solventi clorurati della ex Penrex, ecc. Ce n'è per tutti, produttori di ieri, consumatori di oggi e responsabili di domani. Perché un rifiuto, in fondo, non si scorda mai.