foto: Davide Frizzo


A piedi scalzi

pubblicato da TicinoSette #47 - 23 novembre 2012

"...bocche non insanguinate da morso o redine, e piedi che il ferro mai calzò..." (Lord Byron)

A bordo di una sgangherata Fiat blu, una donna minuta mi sta conducendo nel suo mondo, in una scuderia persa tra le fronde colorate d'autunno, in cima alla Val Colla. Di solito la giornata di Joelle Balaguer inizia il mattino presto, ma ora è il primo pomeriggio e il sole novembrino della Capriasca ci ha già abbandonato. Il suo lavoro non è fatto di soli sussurri ai cavalli, ma di movimenti precisi sui loro zoccoli. Da un anno e mezzo li pareggia, così si dice in gergo, ed è una delle poche a farlo in Ticino. Arriviamo. Joelle raccoglie i ferri del mestiere dal bagagliaio: guanti, coltello da zoccoli, raspa e piedistallo. Scendiamo verso la scuderia e l'odore di stalla m'invade subito le narici: "ormai sono abituata, lo sento quando arrivo il mattino e mi piace tantissimo!" esulta con orgoglio. L'azienda è incentrata sulla gestione naturale di queste eleganti e potenti bellezze. Ecco Corsa, Oggi, Ricky Lee, Diva, Lasso spunta timido dal suo rifugio. Attorno solo donne, fra queste Jay che pulisce i box. Diciotto cavalli, in maggioranza French Mountain del Jura, piccoli e tozzi, il più vecchio sui venticinque anni. Oltre i box risuonano i Gipsy Kings, pare che la musica tranquillizzi questi bestioni che, realizzo, son prede sempre all'erta. Joelle, corda alla mano, ci presenta Cascador, purosangue arabo di undici anni, un metro e cinquanta di garrese, quattrocento chili di peso. In un gioco di briglie, rigorosamente senza morso o semmai a incrocio, le loro teste si fondono magicamente. Oggi tocca a lui andare dal calzolaio...

Il taglio del fettone
Nel maneggio, poco più sotto, c'è chi cavalca, mentre un gemello di Furia è rincorso in tondo da un pony dispettoso: "mi ha già morso alla schiena o mi tira dei calcetti" racconta Joelle. Scompare sotto quella mezza tonnellata di muscoli, Cascador solleva una zampa, sa già cosa lo attende. Joelle gli dà la schiena e pone il primo zoccolo tra le sue cosce, un po'come se dovesse stappare una bottiglia. Una spazzolata alla base e comincia a tagliare la suola morta… szock, szock, szock, scaglie in eccesso del fettone, imbiancano man mano il terreno umido e fangoso. "Devono essere un po'abituati" spiega lei da lì sotto, mentre i suoi capelli sono praticamente in bocca al cavallo. "Quando sono giovani non hanno tanta pazienza, allora devo usare un po'di forza per tenerli, poi dipende anche dal carattere e se collaborano o meno". Se fossero allo stato brado lo zoccolo si consumerebbe da solo, ma visto che non è così lo deve fare il pareggiatore. "Altrimenti gli zoccoli si sbilanciano e le strutture interne non lavorano correttamente" dice. "I puledri fino ai due anni si lasciano ai pascoli, poi si comincia a pareggiarli quando vengono scuderizzati". Di solito una volta ogni due mesi. "Ma è bene abituarli il prima possibile a lasciarsi accarezzare, a dare gli zoccoli affinché prendano confidenza e collaborino col pareggiatore". E se proprio non collaborano, chiedo? Basta un pizzicotto sotto il ginocchio e il cavallo, per togliersi il fastidio, alza la zampa, mi mostra lei.

Il mito del ferro
Le chiedo della ferratura, che qui è tabù. Controversa o persino nociva per la salute del cavallo, più uno sfizio dei nobili nel Medioevo, dicono gli storici. Qui a Bogno si seguono i principi di Federico Caprilli, ottocentesco capitano di cavalleria e precursore dell'equitazione naturale. "La gestione naturale" spiega Joelle col respiro un po'affannoso, "è legata a tanti fattori: postura, movimento, nutrizione senza cereali, piedi scalzi, non utilizzo del morso in bocca, socialità, termoregolazione". Il ferro invece? "È invasivo e il cavallo non ne ha bisogno". Dopo il giro di zampe, piedistallo sotto l'animale, sopra uno zoccolo e via a colpi di raspa sulla muraglia, la parte esterna del piede. "Lo zoccolo deve andare giù dritto" dice, "ed è giusto che si consumi". Grat, grat, grat, briciole di materiale corneo si aggiungono al resto. Un falegname che modella, arrotonda e accorcia l'opera della natura. Il respiro le si fa un po'affannoso, insomma, "non sono tante le donne che pareggiano", mi confida, "è un lavoro abbastanza pesante, ti spacchi la schiena, infatti non faccio più di due o tre pareggi al giorno".

Naturale movimento
"I cavalli mi sono sempre piaciuti" racconta, "dopo gli studi ho trovato un lavoretto estivo in una scuderia e lì ho capito che volevo andare avanti per questa strada. Ho fatto una scuola in Italia ed eccomi qua". Le chiedo se ha mai rischiato. "Sì, una volta. C'era lo zoccolo sul cavalletto, il cavallo s'è spaventato e in un attimo mi sono ritrovata per terra con la caviglia sotto la sua zampa! Per fortuna non era la mia testa o altro!". Ma oggi è tutto il contrario: Cascador è talmente a suo agio che... pfff!, scoreggia e noi ridiamo. "Lo fanno spesso!" spiega lei. Gli zoccoli ora sono limati a nuovo, la scultura è terminata. Jay, a mo'di ricompensa, si pone tra i denti una carota, si china fino alla bocca di lui e zac!, se la mangia. Gli diamo pacche sul folto mantello pronto per l'inverno, sussurriamo anche noi e comincia a fare freddo quassù. Scendiamo a valle, era tanto tempo che non avvicinavo questi animali. "I cavalli", commenta, "mi piace sia pareggiarli sia cavalcarli, necessitano di entrambe le cose poiché sono bisognosi di movimento". Sembra scontato, penso, ma tornare alla natura, come si fa da queste parti, non lo è mai.

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