Castelli senza emozioni

pubblicato da Azione - 1.9.14

Intervista - Il 'marchio' Unesco non basta più. I castelli di Bellinzona soffrono la concorrenza delle Alpi e delle città. Come aumentare i visitatori? Ce lo spiega il direttore dell'Ente turistico cittadino, Gian Luca Cantarelli.

La regione di Bellinzona è l'unica del cantone che vanta da qualche tempo segnali positivi per il turismo. Un fiore all'occhiello sono i tre castelli, patrimonio dell'Unesco dal 2000, ma il potenziale è ancora tutto da sviluppare. Cosa non è stato fatto finora e, soprattutto, quali le sfide future? Ne parliamo con Gian Luca Cantarelli, direttore dell'Ente turistico di Bellinzona (Etb) che gestisce i castelli.

Sig. Cantarelli, da tre anni dirige l'ente turistico. Che bilancio trae coi castelli?
"C'è un grosso interesse, sia da parte del pubblico ticinese, che li sta un po' riscoprendo, sia da quello della Svizzera interna che, in generale, sta scoprendo Bellinzona come una nuova località turistica, anche grazie al mercato e al lavoro che è stato fatto. Poi c'è un pubblico tutto nuovo, soprattutto asiatico, che li visita perché patrimonio Unesco. L'interesse è quindi in piena crescita, anche se adesso dobbiamo lavorare molto sull'offerta".

Infatti se Castelgrande è ritenuto da Svizzera Turismo uno dei castelli più popolari del paese, uno studio dell'Istituto Gottlieb Duttweiler afferma che soffrono sempre di più la concorrenza delle Alpi e delle città. Finora cosa avete fatto?
"Il primo lavoro in questi tre anni è stato di intensificare la collaborazione con le FFS sul mercato della Svizzera interna, per attirare gruppi, famiglie, scolaresche; e in Ticino coi privati e le aziende. Lo studio che lei cita afferma che c'è un grosso potenziale a livello svizzero, ma a differenza della Francia che fa scuola, manca una rete, un'associazione. Questo studio vuole creare le basi per una "associazione svizzera dei castelli". Noi facciamo parte del gruppo di lavoro e abbiamo già presentato il progetto a Svizzera Turismo. Le premesse dunque ci sono".

È notizia di maggio (1) che avete chiesto una consulenza di 50 mila franchi alla ditta lucernese Erlebnisplan per "vendere" meglio i castelli. Enti più vicini al territorio, come la Scuola superiore del turismo o l'Osservatorio del turismo dell'Usi, non bastavano?
"Con questi due partner in realtà lavoriamo regolarmente. Noi, il cantone, la città e l'Ente regionale di sviluppo, avevamo però bisogno di qualcuno che sapesse sviluppare, da un profilo sia economico sia turistico, un luogo storico, per di più patrimonio dell'Unesco, e senza snaturarlo. È un lavoro che non può fare chiunque. Erlebnisplan è specializzata a livello europeo nella "messa in scena" di luoghi storici di siti Unesco. Lo studio, che presenteremo in autunno, individuerà tre scenari per poter sviluppare l'offerta nel prossimo anno".

Può anticiparci qualcosa?
"Le posso solo dire che su alcuni aspetti andiamo bene, su altri c'è ancora da lavorare". (Cantarelli mi mostra una scheda coi punti problematici: gestione suddivisa tra troppi attori, manca l'offerta del "prodotto castelli", ristorazione slegata dal tema, problemi con la fruibilità, musei antiquati, segnaletica disordinata, accessibilità da migliorare, ndr.).

L'impressione è che ci si è seduti un po' dal 2000 a oggi. Lo ha detto anche il sindaco Mario Branda (ibid. 1). Come commenta?
"Bisogna dare atto a chi negli anni precedenti ha fatto un grosso lavoro per ottenere il marchio Unesco. È vero che poi, probabilmente, si è ritenuto che ciò fosse sufficiente, anche se un certo ritorno c'è stato. Ma negli ultimi anni il "label" Unesco è diventato più popolare, la gente cerca sempre qualcosa di nuovo, e Bellinzona comincia un po' a giocare la sua carta turistica. Per questo l'offerta attuale non è più sufficiente. Dal profilo emozionale, cioè del raccontare una storia, trasmettere un'emozione, è effettivamente carente".

Dal 2011 al 2012 avete però raddoppiato da 22mila a quasi 44 mila le visite paganti ai musei e alle mostre. È un dato impressionante. Ci spieghi.
"Fino al 2010 l'entrata era a pagamento a Castelgrande e a Sasso Corbaro, non a Montebello. Quindi questo ha aiutato. Ciò ha permesso di creare il biglietto combinato per i tre castelli e di spingere sulla prevendita. Inoltre era il primo anno in cui c'era un programma espositivo per tutto l'arco dell'anno, che ora è uno standard, mentre prima c'era una sola bella mostra per tutto l'anno. Niente di miracoloso, ma è cambiato solo il modo di gestire. Ora sono tre anni che viaggiamo su queste cifre e quest'anno, a fine luglio, abbiamo superato i 24 mila ospiti. È verosimile che arriveremo per la prima volta a fine anno ai 45 mila visitatori".

Nel periodo "prima Unesco" (fino al 2000) il cantone parla di circa 40 mila visitatori l'anno. Nel "dopo Unesco" voi dite tra 23 e 30 mila. Soltanto ora si hanno dati precisi. Tutta questa approssimazione sorprende, non trova?
"Probabilmente non si riteneva così importante avere un dato preciso sulle entrate".

Scusi, ma neppure dopo il riconoscimento Unesco?
"Probabilmente no. Forse perché c'era un programma abbastanza irregolare durante l'anno e ci si accontentava delle stime. Oggi invece è importante avere dei dati paragonabili da un anno all'altro, sapere con precisione da dove arrivano i visitatori per poi lavorare sui mercati. Questo ora l'abbiamo sia sul globale, sia sul pubblico ferroviario. Inoltre il mese prossimo uscirà lo studio sull'impatto economico del turismo in Ticino e, al di là dei numeri, sapremo perché si viene a visitare i castelli". (Il grafico sui visitatori globali è così suddiviso: 31% Svizzera tedesca, 13% Ticino, 11% Italia, 9% Germania, 6% Romandia e Stati Uniti, ecc.; quello su chi giunge col treno: 22% Zurigo, 18% Svizzera centrale, 15% Ticino, 12% offerte combinate online, ndr.).

In aprile mi trovavo a Montebello con degli ospiti stranieri, ma non si capiva se si dovesse pagare o meno per entrare. A spiegarlo c'era solo un foglio A4 dopo il ponte levatoio. Perché la cassa non è all'entrata?
"Ha ragione. Il cantone ci ha messo a disposizione uno spazio per gestire l'accoglienza che è già all'interno dell'area a pagamento, ma sarebbe ideale se fosse all'entrata o vicino al parcheggio. È uno dei problemi che vorremmo risolvere".

Lasciano perplessi anche il chiosco-roulotte, i servizi igienici, i prezzi dei ristoranti, i souvenirs scadenti e l'assenza di prodotti del territorio.
"Tutti questi aspetti rientrano nel piano di sviluppo. Ricordo che la gestione dei ristoranti è separata dalla nostra convenzione, anche se siamo sotto lo stesso tetto. Una delle idee per il futuro è di coinvolgerli maggiormente nella realtà storica dei castelli".

Le ultime novità sono il trenino turistico "Artù" e la possibilità di confezionare un salame ticinese Rapelli a Montebello. Come sta andando?
"L'attività con Rapelli sta andando estremamente bene! Viene svolta ogni mercoledì per gruppi di circa 20 persone ed è sempre pieno. Anche il trenino funziona bene, perché ha colmato una lacuna di collegamento tra Montebello e Sasso Corbaro e, dal punto di vista emozionale, è simpatico".

Con la nuova Organizzazione turistica regionale (Otr) dal 2015 i castelli diventeranno un "centro di competenza". Ma non dovrebbero già esserlo?
"I castelli sono già oggi una priorità. Quello che cambia è che su un territorio così vasto ci sono tanti temi di cui occuparsi, quindi abbiamo operato delle scelte per cui ci devono essere delle persone e dei mezzi finanziari prioritariamente per questi temi".

C'è chi nutre molte speranze su Alptransit. Ma se il problema fosse davvero la distanza, già oggi non ci sarebbero così tanti svizzero tedeschi. Il problema forse sono i contenuti, non trova?
"Entrambe le cose. Dobbiamo sicuramente lavorare di più sugli aspetti "emozionali" che oggi mancano, ma non dimentichiamo che siamo una destinazione abbastanza nuova, per cui quel terzo di svizzeri tedeschi può crescere. L'apertura di Alptransit avvicinerà molto i cantoni sull'asse del Gottardo e dobbiamo aspettarci un aumento delle visite di giornata, ma soprattutto avvicinerà mercati come il sud della Germania e la Svizzera occidentale. Abbiamo spesso un concetto di mobilità molto ticinese e poco "da turista": c'è chi ha visitato i castelli ma pernottava a Lucerna!".

Note:
(1) "La Regione" (31-5-14).
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