foto: babelfestival


Tradurre, la nostra lingua

pubblicato da Ticinosette #37 - 11.9.15

I maggiori autori contemporanei svizzeri sono ospiti del 10° Festival di letteratura e traduzione "Babel" a Bellinzona. Un'occasione per approfondire il plurilinguismo e per capirci meglio...

A volte forse ci dimentichiamo della nostra piccola "babilonia" linguistica, un caso unico al mondo. Proprio la Svizzera è al centro dell'edizione 2015 del festival bellinzonese “Babel” dal 17 al 21 settembre. Esso interroga direttamente le nostre, reali o ideali, competenze linguistiche che ci invidiano molti stranieri, magari con un certo pregiudizio. Competenze di cui possiamo anche vantarci, ma che non sempre esercitiamo e in cui, va detto, non sempre brilliamo, così come per le nostre competenze di lettura e di scrittura.

La tensione linguistica
Scrivono gli organizzatori sul sito internet: “C’è una forte tensione tra le lingue, tra lingua e dialetti, tra oralità e scrittura, e sta dando risultati letterari senza precedenti. Perché la lingua della Svizzera è la traduzione, e per essere viva deve farsi interprete delle voci della sua confederazione di culture: il tedesco e i suoi dialetti svizzeri, l’italiano e il francese, il romancio e le lingue dell’immigrazione, le varie ibridazioni del parlato”. La lingua, affermano gli addetti ai lavori, è in continua evoluzione, anche grazie agli stranieri che nascono o decidono di vivere qui.

Ancora dal sito leggiamo: “Le nuove generazioni di scrittori, cresciute in una Svizzera multietnica ed esposte a influenze culturali miste e molteplici, si muovono tra questi plurilinguismi per creare la propria parola a partire dalle lingue date. Per quel che riguarda l’area tedesca in particolare, il bilinguismo è anche nella propria lingua, e per la prima volta i giovani autori si confrontano tanto con la tradizione letteraria di lingua tedesca, quanto con la lingua che parlano e ascoltano quotidianamente”.

“Scardinare le persiane”
In un'epoca segnata dalle nuove tecnologie digitali con le quali crescono le nuove generazioni, di una crescente mancanza di competenze di scrittura e lettura nonostante la scolarizzazione, è certo ancora più importante occuparsene. Abbiamo a tal proposito avvicinato il direttore artistico del festival, Vanni Bianconi, a cui chiediamo: perché “Babel”?

“L'importanza di un libro, un film, un viaggio, un incontro: entrare in relazione con realtà diverse dalla nostra, per poter così mettere in questione la nostra visione del mondo, immedesimarci in chi non conosciamo, scardinare un po' le persiane dei nostri orizzonti. Ogni tanto saremo sorpresi dalle differenze, ogni tanto dalle somiglianze” ci dice.

L'edizione di quest'anno è la logica conseguenza di quelle precedenti: dalla varietà di lingue parlate in Africa a quella dei Caraibi, quindi ora la Svizzera. “In questi 10 anni il pubblico di Babel ha attraversato il mondo in lungo e in largo, sulle ali delle sue lingue delle sue storie, per ritrovarsi adesso in Svizzera e guardarla con occhi diversi” afferma Bianconi.

Uno sguardo al futuro
Quanti di noi conoscono gli autori svizzeri contemporanei come Melinda Nadj Abonji, Peter Weber, Noelle Revaz, Pedro Lenz, Philippe Rahmy? Per questo, dice Bianconi, “abbiamo invitato le nuove generazioni di scrittori svizzeri, e in particolare coloro che rivoluzionano la lingua scritta mediante incursioni dell'orale, e siano i dialetti che parlano e ascoltano ogni giorno e fino a poco fa erano quasi vietati in letteratura, siano le lingue dell'immigrazione, o altre forme scritte della parola viva”.

Ma si andrà oltre: scrittori come Peter Weber e Matteo Terzaghi dovranno “immaginarsi come cambierà la nostra geografia mentale una volta che, aperti i tunnel dell'AlpTransit, le Alpi saranno piane e invisibili e Bellinzona sarà periferia di Zurigo”. Nella traduzione, poi, è sempre importante, spiega Bianconi, mantenere “le tracce (elementi ritmici e sintattici, vocaboli e tic) di un'altra lingua o di un dialetto. In questo caso lo scrittore, e il traduttore, creano una lingua nuova che esiste solo in quel libro ma che, allo stesso tempo, si avvicina più di ogni altra a una data realtà umana e sociale”.

Ma in un mercato elvetico in cui predomina il tedesco e il francese, ci si sta riuscendo anche con gli autori italofoni? “Il fatto che buona parte degli scrittori svizzeri italiani siano poeti forse non aiuta gli editori delle altre aree linguistiche, ma negli ultimi anni si stanno affermando un buon numero di scrittori in prosa”.