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Aloe, pubblicità contestata

pubblicato da L'Inchiesta #6 novembre 2011

Una bevanda aiuterebbe i malati di tumore. Ma le autorità cantonali sospettano un inganno ai clienti...

«Aloe cancro, funziona», «Efficacia della terapia naturale in chemioterapia», «Aloe, cancro e chemio perché funziona»: titolavano così le pubblicità delle confezioni "Aloe Arborescens superiore" dell’azienda produttrice Ghignone di Pecetto Torinese.

Per i promotori, l’Aloe brasiliana è più efficace della comune Aloe Vera, soprattutto nei casi di pazienti malati di cancro in chemioterapia. Un prodotto venduto a caro prezzo (130 euro al litro) e da consumare a grandi quantità (fino a dieci litri al mese), spendendo Così oltre 1’200 franchi al mese.

Le inserzioni sono apparse sul "Caffè della domenica". L’Inchiesta ha voluto saperne di più sulla correttezza dei messaggi e ha contattato sia la persona competente in Ticino, il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini, sia il testimone della discussa pubblicità, il naturopata italiano Gianfranco Lanza, figlio dell’inventrice del prodotto, Ottavia Ghignone.

In Svizzera la bevanda non è un farmaco
"Abbiamo visto le pubblicità sul giornale e aperto un’indagine", commenta Zanini. "Stiamo vedendo cosa si può fare". Al suo fianco il chimico cantonale per le derrate alimentari Marco Jermini e il capo dell’Ufficio di sanità Stefano Radczuweit.

Di fatto, a far storcere il naso sono alcune affermazioni inserite negli annunci, a cominciare da quella apparsa l’11 settembre e in cui Lanza dice che "In Svizzera noi fitoterapeuti possiamo prescrivere le somministrazioni fitoterapiche" e che "Sono stato invitato in diverse cliniche di Lugano e nei Grigioni proprio per curare pazienti oncologici".

"Contrariamente all'impressione che si ricava leggendo queste frasi", dice Zanini, "Gianfranco Lanza non è un medico, terapista complementare, naturopata o guaritore autorizzato a esercitare in Ticino". Per Zanini, "se fosse vero che è stato in alcune cliniche per curare pazienti, allora avrebbe violato la legge sanitaria".

Inperpellato da L’Inchiesta, Lanza replica che la campagna sarebbe stata travisata. Dice di non aver mai esercitato in Ticino (e neppure di volerlo fare) e di aver dato solo alcune indicazioni ai pazienti o ai loro parenti, incontrati in alcuni casinè del cantone.

Zanini contesta anche l’affermazione, nelle inserzioni dell’11 e 18 settembre, secondo la quale il prodotto è "riconosciuto dalla farmacopea ufficiale". "Non è vero" spiega Zanini. "In Svizzera il prodotto non è un medicamento omologato o comunque riconosciuto come farmaco. Piuttosto è una derrata alimentare: il succo di aloe è un succo di frutta".

Il prodotto non sbanca: pubblicità interrotta
Lanza replica che il prodotto non è un medicamento ma un integratore alimentare. Di conseguenza, continua Zanini, secondo la legge svizzera "è vietato attribuirgli proprietà terapeutiche e fare affermazioni che possono ingannare il consumatore". Ad esempio quando si legge, nell’inserzione apparsa il 4 settembre, che il prodotto servirebbe per "inibire gli effetti collaterali chemioterapici", per "colite ulcerosa, gastrite, cistite ed esofagite da reflusso" o che è un "antinfiammatorio dolorifico".

Queste indicazioni sono "palesemente illegali" taglia corto il farmacista cantonale. Sulle singole proprietà terapeutiche, Lanza ha preferito non entrare nel merito. Sostiene però che dalla pubblicità risulterebbe chiaro che non si tratterebbe di una cura. E non avendo ottenuto i risultati sperati, la campagna pubblicitaria è stata interrotta.

Note: dopo questa indagine, anche la trasmissione Rsi "Patti chiari" ha trattato il tema, quasi due mesi dopo.