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«Quel farmaco è pericoloso: per poco non mi ammazzava!»

pubblicato da Scelgo Io #5 settembre 2004

Sotto accusa un miorilassante targato Novartis molto usato contro i dolori alla schiena, ma le avvertenze sono destinate solo ai professionisti...
Rosa W. di Lugano, lo scorso agosto ha avuto molta fortuna. Come molte altre donne, dopo la menopausa soffre di lombalgia e dolori alla schiena. Vista la persistenza del problema, la 60enne ricorre al medico di famiglia. Costui già in passato le aveva prescritto vari anti-infiammatori (tra cui il Celebrex, vedi anche sotto) e il miorilassante Sirdalud, della multinazionale svizzera Novartis. Il farmaco è rimborsato dalle casse malati e costa, a seconda delle confezioni, tra 20 e 75 franchi.

Dopo alcune ore dall'assunzione, per Rosa Wernli è il dramma. «Ho avuto vomito, diarrea, sudori freddi e il polso era sceso fino a 30 battiti al minuto» racconta a Scelgo Io la sfortunata paziente. «Se non fossi stata un'infermiera sarei morta». Di norma le pulsazioni sono 60-80 al minuto. Così la donna viene ricoverata al reparto intensivo dove le vengono sottoposte le cure del caso. È fuori pericolo. Ma ha rischiato grosso, come conferma il rapporto medico.

«Quel che ci preoccupò fu la profusa bradicardia (diminuzione della frequenza cardiaca, ndr) tanto che il polso decrebbe financo a 30 battiti al minuto» si legge. I medici non hanno dubbi: la causa è il Sirdalud.

Prudenza di rigore
L'8 giugno 2004, Novartis ha diffuso una «importante modifica dell'informazione» sul Sirdalud, poi ripresa dall'autorità di controllo dei farmaci Swissmedic due giorni dopo. Nuovi studi hanno dimostrato che la sua sostanza attiva (la tizanidina), se associata con la fluvoxamina (un potente anti-infiammatorio), può causare una pericolosa diminuzione del battito cardiaco.

Insomma, meglio tardi che mai. Visto che in precedenza il foglietto illustrativo diceva solamente che gli effetti indesiderati sono «leggeri e passeggeri» e che, in caso di dosi ridotte, si può assistere a un «leggero calo della pressione sanguigna».

Sconcerta però il fatto che, come si legge nel Compendio svizzero dei medicinali, Novartis ammetta tranquillamente che l'uso del Sirdalud su persone anziane non è mai stato veramente studiato: «la prudenza è dunque di rigore» scrive. «Siamo certi che apprezzerete la necessità di prendere tali misure» termina il comunicato.

Cittadini disinformati
«Il medico ha detto che voleva pubblicare il caso sulle riviste scientifiche» racconta la donna. «Ma è giusto che lo sappia anche il pubblico». Swissmedic, intanto, ha già raccolto sei casi riguardanti il Sirdalud combinato ad altri farmaci. Il caso della fluvoxamina, dice l'autorità, «è meno plausibile» col Celebrex, ma ammette che mancano studi in merito. In questi casi, la prassi vuole che sia il produttore ad informare i professionisti. Oppure è Swissmedic che diffonde l'informazione a tutti gli operatori sanitari, compresi i centri regionali di farmacovigilanza

«Nel caso specifico tutti i medici e i farmacisti svizzeri sono stati informati personalmente delle nuove osservazioni» conferma il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini. Ma perché non è stato comunicato nulla al pubblico, vista anche l'alta incidenza di tali disturbi negli anziani? «Non è stato fatto nessun comunicato stampa perché non esisteva nessun pericolo imminente per i pazienti» spiega Zanini. «E poi la tematica era un po' troppo tecnica per le esigenze giornalistiche».

Il caso celecoxib
Spesso alle persone anziane sofferenti di artrite o artrosi viene somministrato, unitamente al Sirdalud, il Celebrex, un farmaco che dal 2001 è al centro di polemiche. Gli autori dei primi studi clinici avrebbero fornito dati incompleti, nascondendone la sua tossicità.

Il Celebrex è un prodotto di punta della ditta americana Pfizer: viene usato come anti-infiammatorio per curare i dolori muscolari di molti anziani. Spesso unitamente al Sirdalud, come è successo a Rosa W. (vedi sopra). Solo in Italia la sua prescrizione è aumentata del 70% in un solo anno. Ma già dal 2001 è sotto accusa: favorirebbe l'infarto.

Nell'agosto di quell'anno, un articolo del "Washington Post" aveva accusato gli autori dello studio sul farmaco di aver fornito ad un gastroenterologo dati incompleti (relativi a solo 6 mesi di test). Sul "Journal of the American Medical Association" era in seguito apparso un editoriale risultato un po' troppo a favore dello studio sul Celebrex. Di fatto, dopo 12-16 mesi di test sui pazienti, i vantaggi delle sua sostanza attiva, il celecoxib, erano risultati molto ridotti perché procurava ulcere e aumentava l'incidenza d'infarto.

Tant'è vero che pure il "Giornale svizzero di medicina", quest'anno ha riportato un caso di una 58enne sofferente di fibromialgia. Per due anni è stata curata col Celebrex. «È stata ospedalizzata per una seria epatite indotta dal farmaco» si legge.

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