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Un luganese
nel traffico di metallo
Facevano leva su un ex fiduciario ticinese in pensione due imprenditori italiani finiti nei guai col traffico di alluminio. Il classico referente svizzero per delle operazioni finanziare in gran segreto...
RFT, 7 maggio 2009
Per i due impenditori italiani Leonardo Rossetto e Alfio di Croce, a capo di una grossa fonderia di alluminio in Puglia, oggi chiusa, l'ex fiduciario luganese G. G., autosospesosi dalla professione nel 2000 e oggi quasi ottantenne, era il classico faccendiere svizzero su cui far conto, tramite la holding lussemburghese Farlux Sa.
Il business milionario partiva da Taranto, in Puglia, verso dei paesi comunitari, e avrebbe permesso di evadere milioni di euro al fisco italiano, grazie a una truffa sui dazi doganali e “mazzette” versate a dei doganieri. Un business, stando agli ambientalisti italiani, sul quale avrebbe messo le mani anche la criminalità organizzata. Gli affari vanno a gonfie vele, ma nel 2003 la Guardia di Finanza comincia a fiutare qualcosa: Rossetto finisce in manette per un presunto contrabbando e nel 2004 in Italia scoppia lo scandalo degli scarti tossici di alluminio.
Nel 2005, la faccenda si sposta in Ticino ed entra in scena l’ex fiduciario ticinese. Già sommerso dai debiti e forse allettato da guadagni facili, entra in affari coi due italiani: diventa amministratore unico della holding, che viene trasferita a Lugano, presso gli uffici di un noto studio di commercialisti. La società sarebbe servita per far transitare milioni di euro su conti bancari svizzeri.
In Italia lo scandalo assume contorni sempre più preoccupanti: non a caso, nel 2007, dopo alcune grane col fisco svizzero, la società diretta da G. G. viene sciolta e fatta “sparire”. Nel novembre del 2008 l’epilogo: Rossetto, Di Croce e i vertici delle dogane pugliesi vengono condannati in primo grado a diversi anni di carcere dalla procura di Roma e di Taranto, con tre procedimenti penali diversi, per falso, corruzione, associazione per delinquere e contrabbando doganale. Condanne che oggi sarebbero già cadute in prescrizione.
Ma nei processi il nome del faccendiere ticinese non è mai saltato fuori. In Ticino però qualcuno se lo ricorda: guai col fisco, controverse attività extra-fiduciarie, dubbi affari con un ingegnere jugoslavo residente a Lugano, che pure sarebbe indebitato col fisco cantonale per mezzo milione di franchi. Ma oltre il danno, la beffa: in concomitanza con le condanne dall'Italia, G. G. s'avventura in una fallimentare società immobiliare con l'ex direttrice dello studio di commercialisti, che chiude dopo pochi mesi.
Viene asssunta una segretaria alla quale non viene nemmeno pagato lo stipendio e la faccenda finisce in pretura a Lugano in marzo: ma essendo la società priva di recapito e G. G. dichiarato insolvente, spetterà al contribuente pagare.