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Soccorritori, le lacune in Ticino

pubblicato da L'Inchiesta #3 maggio 2011

Errori taciuti, campanilismo, scarso controllo pubblico. Pochi riconoscono i problemi dietro all'enorme struttura di pronto intervento in Ticino, che costa sempre di più, anche se il servizio rimane lo stesso...

"Certamente ci sono ancora molti margini di miglioramento" commenta Floriano Beffa, presidente del Soccorso alpino Ticino (Sati). "E in questa direzione si muove anche il nostro organo. Solo nel corso degli ultimi 2 mesi ci sono state quasi una decina di riunioni volte ad affinare le attuali collaborazioni, focalizzare le sinergie tra gli attori del soccorso e sviluppare possibili nuovi ambiti di collaborazione con nuovi partner".

Il problema pare sia che si ragionerebbe ancora in base ai singoli enti e ai singoli comprensori, così come vuole la politica. "Non vogliamo più sentire parlare di concorrenza, sovrapposizioni e infrazioni di comprensorio" dice Beffa. "La filosofia giusta è che lo scopo ultimo è e deve essere l'aiuto e il soccorso al disperso o alla vittima. Nient'altro! Se tutti lavorassimo con questo obiettivo impresso nella mente, si assisterebbe sicuramente ad un bel miglioramento di tutto l'assetto di pronto intervento ticinese".

Ma quella del geologo leventinese, è una voce fuori dal coro, quando si parla di possibili sovrapposizioni dei soccorsi, di "invasioni" dei rispettivi comprensori di intervento, di una sorta di "corsa al ferito" che si paga sempre e comunque. Anche se a volte ci scappa pure il morto.

"Pompieri incoerenti"
"Non mi risulta assolutamente che vi sia una sorta di concorrenza tra partner" rileva Mauro Gianinazzi, presidente della Federazione cantonale ticinese dei corpi pompieri (Fctcp). "Tanto meno che vi sia una mancanza di coordinamento tra i differenti partner del soccorso. Non esistono più doppioni e soprattutto si collabora in perfetta sinergia e con la dovuta complementarietà. Avendo inoltre compiti e competenze diversi tra partner, non può esistere alcuna concorrenza".

Eppure qualcosa che non va ci sarebbe: lo afferma il rapporto del progetto di nuova e controversa legge cantonale (in fase di consultazione) che prevede di creare e pagare 45 pompieri semi-professionisti nel cantone: 21 a Lugano e 24 (6 ciascuno) a Bellinzona, Biasca, Locarno e Mendrisiotto. Si legge infatti che bisogna "rivedere le strutture esistenti" in termini di "coordinamento tra i partner" in modo che "sul piano dell'istruzione, della dotazione di materiale e veicoli vi sia un minimo di coerenza e omogeneità sul piano cantonale". Coerenza ed omogeneità: non solo due parole grosse, ma pronunciate dal parlamento.

Ma non solo. Una sorta di concorrenza esisterebbe già ora tra pompieri professionisti e volontari e le singole categorie (urbani, locali, di montagna, ecc.). Motivo: il proprio orticello e l'incapacità di ragionare in modo più grande.

Secondo Marzio Riva, (1) comandante del Corpo pompieri di Melide, anche con la nuova legge i corpi di categoria inferiore (B, C e Cmontagna) "baseranno la loro organizzazione sempre e unicamente su pompieri volontari, comandante compreso. Ciò porterà per alcuni corpi un aumento delle indennità a favore dei propri militi, mentre per altre organizzazioni una diminuzione". Secondo Riva, una "disparità di trattamento fra corpo e corpo".

"Già ora, in caso di necessità, i centri di soccorso sostengono gratuitamente l'intervento dei corpi pompieri di categoria inferiore. Uno splendido esempio di collaborazione, di razionalizzazione delle risorse e nulla a che fare con la concorrenza!" smorza invece i toni il presidente Gianinazzi.

Lo stesso problema pare esista a volte nel settore delle ambulanze, ma la categoria smentisce: "le affermazioni che vi sia 'concorrenza', 'corsa al ferito o quant'altro per aumentare i finanziamenti (casomai li diminuirebbero) e il fatturato (ma sono unicamente fatturabili i ricoveri all'ospedale o i trattamenti certificati dal medico) appaiono prive di ogni fondamento" afferma Roberto Cianella, direttore generale della Federazione cantonale ticinese del servizio ambulanze (Fctsa).

Il tabou degli errori
Difficile ammettere l'errore quando ci sono vite umane da salvare. Eppure succede, come in ospedale, anche nel pronto intervento. L'unico ad ammetterlo è ancora Beffa, secondo cui "per la maggior parte degli interventi la collaborazione attuale è decisamente buona, in alcuni casi ci sono delle imprecisioni che, di volta in volta, vengono poi valutate dalle parti coinvolte".

Polizia, pompieri e ambulanze sono più restii. Lo dimostra l'operazione recente forse più clamorosa, quando nel 2010 si era tentato di salvare un 19enne psicolabile finito nelle gelide acque del fiume Breggia. Il decesso avvenne per presunti ritardi d'intervento e lacunosa coordinazione. A salvargli la vita, infatti, non erano bastati la polizia, un'ambulanza, la Rega (intervento poi annullato), i pompieri, una Unità di intervento tecnico (composta da sanitari e pompieri).

Ebbene, nemmeno in quella triste occasione, i soccorritori hanno saputo ammettere uno sbaglio: polizia e partner conclusero il rapporto dicendo che non ci fu "nessuna manchevolezza importante". Non fu giudicato importante il fatto di non avvertire la polizia lacuale, l'unica attrezzata per soccorsi difficili in acqua. Una vicenda di cui sembra non si ama troppo parlare: "la gestione e la mobilizzazione di risorse non sanitarie è di stretta competenza della polizia cantonale" taglia corto Cianella. Anche la Rega, interpellata per un caso recente, non commenta: "il compito della Rega è quello di salvare vite, non di giudicare" commenta secca la portavoce dell'elisoccorso Federica Mauri.

Nei fatti, gli errori ci sono eccome, ma evidentemente non si ama dirlo pubblicamente. Ad un simposio a porte chiuse di soccorritori nel 2009, Wolfgang Ummenhofer, medico e presidente del Forum svizzero del salvataggio, disse che "gli errori facciamo fatica ad identificarli e a categorizzarli", ben sapendo che "sono tra le 10 cause più frequenti di decesso dei pazienti ospedalizzati". E ancora: "gli errori sono raramente imputabili solo all'incompetenza, ma spesso c'è una componente istituzionale" e "l'accento viene dunque messo più sulla gestione". Ossia operativa e politica del pronto intervento.

Centrale 144 imperfetta
L'anno scorso al 144 sono giunte circa 33'500 chiamate, in media 90 al giorno, valutate da operatori formati appositamente, i quali poi attivano e coordinano l'entità del pronto intervento. Una centrale di allarme cantonale che i soccorritori descrivono come un piccolo gioiello e al quale accordano totale fiducia.

"La mobilizzazione di risorse avviene tramite un protocollo di interrogazione codificato che stabilisce, nei casi dove sia possibile, un'interrogazione sistematica del chiamante, il numero e la qualità di risorse da impiegare più idonee e vicine al luogo dell'evento, a prescindere dal comprensorio di intervento" spiega Cianella.

Ma la Fctsa sembra si guardi bene dal criticare pubblicamente sia la centrale 144 che, per mandato politico, gestisce e di cui ne forma gli operatori, sia il costoso protocollo, in gergo Ampds, siccome l'ha fortemente voluto in passato, nonostante alcuni dubbi (l'Ampds sarebbe poco efficace con anziani e bambini).

Ma di dubbi ce ne sono ancora: altrimenti come mai, tra i soccorritori presenti al simposio del 2009, qualcuno s'era chiesto se l'Ampds fosse addirittura "una maledizione o una benedizione?". Simposio al quale c'era anche, guarda caso, Cianella e che poi ha scritto: "tema di grande discordia" a causa della "necessità di formare tutto il personale (costi e tempi)" e della "difficoltà di adattamento del personale e dei servizi".

E ancora. Se la centrale 144 è davvero tanto efficiente, come mai nel 2010, si legge nel rapporto annuale, i soccorsi sono stati mobilitati per 376 volte (in media un'ambulanza al giorno) per delle persone "illese"? A questa domanda il direttore di Ticino Soccorso 144, Sandro Muschietti, ha detto di non saper rispondere e ha rimandato la palla alla Fctsa, che neppure ha reagito.

Se il protocollo porta ad usare le risorse più idonee, come mai il 6 aprile scorso a Breno, sui monti del Malcantone, venne mobilitato un veicolo della Croce Verde di Lugano (Cvl) e addirittura un elicottero della Rega, quando l'anziano caduto in una scarpata s'era rimediato solo ferite leggere e s'era messo in salvo da solo? "La situazione iniziale, quando è stato lanciato l'allarme, era diversa" replica Mauri, portavoce della Rega.

"La tattica offensiva"
Il Ticino è un piccolo cantone e a volte qualche dubbio sulla proporzionalità degli interventi sorge spontaneo. Esempio: la notte del 28 giugno 2008, per controllare 43 prostitute, quindi non dei criminali, ben 64 poliziotti irrompono in due locali a luci rosse. Nell'aprile del 2009 a Cadenazzo, per controllare una sola azienda ortofrutticola, accorsero 15 agenti con 6 veicoli: intervento "proporzionato", risponse poi il Governo ad un atto parlamentare. E il cittadino paga: la fattura ammontava a 80 franchi all'ora per agente e a 2 franchi al chilometro per ogni veicolo utilizzato.

Il 30 marzo 2010, nel tardo pomeriggio, ben 11 pompieri con 4 veicoli del Corpo del Gambarogno intervengono per "alcuni litri" di olio di motore sulla strada: "gli effettivi non mi sembrano così fuori luogo" replica Gianinazzi, pur non conoscendo il caso.

Lo scorso 31 ottobre, due veicoli si scontrano ad Avegno con 5 feriti. Il 144 mobilita il Servizio ambulanza Locarnese e Valli (Salva) ma anche 8 pompieri di Locarno con 4 veicoli, tra cui quello dotato di pinza idraulica ('libervit'). Risultato: "giunti sul posto i pompieri hanno constatato che i pazienti erano già stati estratti dai soccorritori del Salva" hanno poi comunicato i pompieri. Cattiva coordinazione o che altro?

Per Gianinazzi nessun doppione. Questi allarmi, spiega, "necessitano al minimo un'auto comando, una autobotte, un veicolo primo soccorso e il veicolo Libervit". Quindi, continua, "la nostra tattica d'intervento è offensiva e non difensiva", con "un effettivo minimo di 8-12 uomini, ridotto rispetto" a quanto si faceva fino al 2000, siccome "non possiamo speculare ne sottovalutare ogni tipo di chiamata".

Il problema, che Gianinazzi riconosce, piuttosto si basa sul fatto che "la segnalazione al 118 è fatta frequentemente da cittadini e non da specialisti che danno un quadro estremamente preciso dell'evento". In pratica non si sa quasi mai cosa succede esattamente e quindi risulta "estremamente importante partire con tutti i mezzi di base che permettono di risolvere il problema sul posto".

Per Beffa, in montagna il soccorso non è esagerato ma esiste l'abuso di chiamate: "è vero che talune persone, trovatesi in difficoltà in montagna, non analizzano a fondo le alternative applicabili e non trovano di meglio che chiamare la Rega o il numero di soccorso internazionale 112".

Intanto, tornando al cantiere aperto dei pompieri, il futuro nuovo assetto fa discutere. "Nel rapporto del progetto di legge non si trova nessun riferimento agli aspetti legati ai costi" commentava ancora Riva nel 2009. "Manca pure un mansionario per il lavoro giornaliero: cosa fanno giornalmente per 8 ore di lavoro, 220 giorni l'anno i 21 pompieri di Lugano?". Già, cosa faranno? Per ora, nessuno lo sa con esattezza.

Note: (1) Affermazioni che erano pubblicamente accessibili su questo forum, ma dopo l'articolo, il link è stato cancellato. Riva ha scritto al giornale dicendo che "le frasi o le affermazioni avrebbero dovuto riportare la fonte, la datazione come pure la veste nella quale l’autore si sarebbe espresso". Riva non ha mai chiarito se si fosse espresso a titolo personale o come comandante del corpo.

Stesso servizio, ma i costi...


In teoria i costi del pronto intervento dovrebbero diminuire con i contratti di prestazione, ma in pratica aumentano. E il servizio rimane sempre lo stesso...

Oltre alla polizia cantonale e a quelle comunali, il Ticino conta 5 enti regionali di ambulanza, 5 corpi cantonali dei pompieri che collaborano con un'altra 30ina (tra corpi regionali, locali, di montagna e aziendali), 6 stazioni di Soccorso alpino, una della Rega e 6 centri regionali di Protezione civile. Indispensabili, certo, ma forse troppi.

Per le ambulanze, nel 1992, quando si trattava di rivedere la legge, "era risultato che alcuni Enti non accettavano la riduzione del numero dei comprensori siccome questo avrebbe potuto anche comportare il loro 'assorbimento' in un'organizzazione regionale perdendo la propria identità" si legge nel rispettivo rapporto parlamentare. Insomma, campanilismo. Con la nuova legge il Governo ha poi fissato a 5 i comprensori d'intervento. Il che vuol dire: ogni ente deve essere autosufficiente, con sede logistica propria, un parco veicoli tutto suo, i propri soccorritori, attrezzature e materiale medico-tecnico. Tutto questo moltiplicato per cinque.

Esempio: la Croce Verde di Bellinzona (Cvb) serve un territorio che va da Preonzo a Cadenazzo e possiede: 4 autoambulanze di salvataggio, 1 di trasferimento, 2 automediche, 1 veicolo comando per i quadri, 2 veicoli di Telesoccorso e 1 rimorchio per incidenti maggiori. Una sola ambulanza con 2 soccorritori professionisti della Croce Verde di Lugano (Cvl), per essere operativa 24 ore al giorno, costa 1 milione di franchi all'anno. Quasi 3 mila franchi al giorno in media.

E i costi non fanno che aumentare, tanto che la stessa Cvl nel 2009 ha dovuto lanciare una raccolta di fondi. In generale, il servizio pre-ospedaliero costa all'anno circa 20 milioni di franchi. Metà pagati dall'ente pubblico (10% dal cantone, 40% dai comuni), metà dai contribuenti tramite le casse malati.

In teoria, scriveva il Governo una 10ina di anni fa con la nuova legge, il contratto di prestazione doveva "incentivare il contenimento dei costi". Falso. Se nel 2007 il DSS per il "servizio autolettighe" ha sborsato 2,4 milioni di franchi, 3 anni dopo, nel 2010 (dato a consuntivo), i contributi ammontavano ad oltre 3 milioni di franchi. A pesare sui bilanci, soprattutto i costi del personale di soccorso (in stipendi e formazione nel 2010 se ne sono andati 2,5 milioni di franchi) e l'acquisto di veicoli e materiale (365 mila franchi).

Idem per i comuni che sono tenuti a coprire il deficit residuo. Esempio (dati a consuntivo): a Bellinzona nel 2005 la Cvb costava al comune quasi 300 mila franchi, 4 anni dopo, nel 2009, i costi erano schizzati ben oltre i 400 mila franchi. Al comune di Locarno, il Servizio ambulanza Locarnese e Valli (Salva) nel 2003 costava 283 mila franchi, nel 2009 379 mila franchi.

La legge da un lato delimita gli spazi di intervento, ma dall'altro alla Federazione chiede di "favorire" la collaborazione tra enti. E ultimamente si sta facendo con ottimi risultati a quanto pare, ad esempio, quando l'evento lo impone o magari anche quando diminuiscono gli interventi. Nel 2010 il Servizio autoambulanza del Mendrisiotto (Sam) ha deciso di collaborare con la Cvl. "Abbiamo stretto importanti accordi operativi e di razionalizzazione degli acquisti di materiale, con un importante risparmio economico" ha dichiarato alla stampa il direttore Paolo Barro.

Ma un ente unico sembra fuori discussione: vuoi per la questione identitaria, ma soprattutto per soldi. La Fctsa infatti ha sempre rifiutato di entrare sotto un cappello unico statale. Motivi: l'ente unico pubblico non permetterebbe di trovare facilmente volontari e futuri soci, sarebbe meno attrattivo per i donatori privati, la gestione sarebbe troppo burocratica e meno autonoma.

Ma i costi aumentano anche per le casse malati e i contribuenti, in parte a causa di allarmi ingiustificati, coperti anche da medici compiacenti. Una prassi che la Fctsa aveva definito come dei "casi limitati". E oggi? Peggio di prima. "I costi pro capite sono aumentati di circa il 50 percento sia in Svizzera sia in Ticino dal 2004 a 2009" conferma la portavoce delle casse malati svizzere Françoise Tschanz. In cifre, nel 2009 il costo in Ticino del trasporto ospedaliero è salito a circa 15 franchi per assicurato, contro una media svizzera di meno di 4 franchi.

Tra i pompieri, se nel 2003 c'erano ancora ben 110 corpi, dal 2008 sono "solo" 38 e costano, tra cantone e comuni, 15,7 milioni di franchi l'anno, con una spesa pro-capite comunale molto diversa (la nuova legge dovrebbe introdurre il pro-capite fisso): tra 9 e 30 franchi, in media 21 franchi. I pompieri sono finanziati per il 50% dagli assicuratori privati, per l'altro 50% dai comuni. "Mi risulta che il pro-capite di 21 franchi sia uno tra i più bassi di tutta la Svizzera e d'Europa" commenta il presidente di categoria Mauro Gianinazzi. Ma con la nuova legge i costi aumenterebbero: si passerebbe a 26 franchi a testa dal 2015. "L'aumento è dovuto alla necessità di introdurre e finanziare la semi professionalizzazione dei centri di soccorso" dei pompieri urbani, spiega Gianinazzi. Necessità che non tutti i pompieri sembrano condividire.

Il Soccorso alpino Ticino (Sati) riceve, solo di recente, dal cantone ogni anno 60 mila franchi sulla base di un pro-capite di soli 18 centesimi, ossia oltre 100 volte meno dei pompieri. Differenze enormi. Ogni soccorritore costa circa 200 franchi l'anno e le finanze sono gestite dal Soccorso alpino svizzero. Il Sati in ogni caso ritiene necessarie 6 stazioni di soccorso (7 con la Mesolcina) e circa 300 soccorritori. "Unicamente con una struttura del genere possiamo garantire una risposta adeguata alle chiamate d'urgenza" spiega Beffa. Si tratta infatti di "persone con un'ottima conoscenza del territorio". Il Sati resta possibilista per un solo ente pubblico per tutti gli interventi: "il Sati si dichiara assolutamente disposto ad entrare in discussione per una collaborazione diretta con il Cantone, qualora si decidesse di intraprendere questa direzione sull'esempio del Vallese" dice Beffa. Ma si tratta di "una decisione politica che esula completamente dal nostro operato".

Note: il servizio è stato ripreso anche qui.