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L'Inchiesta #2, marzo 2005
Nel 2001, dato l'aumento di richieste di asili nido, il Consiglio di Stato (CdS) stabilisce delle direttive per il Dipartimento sanità e socialità (Dss) diretto da Patrizia Pesenti del PS, circa il rilascio delle autorizzazioni. Alcune solo a titolo provvisorio, tra cui l'asilo privato Baby Paradise a Lugano-Besso, che ospitava una decina di bimbi fino ai tre anni, diretto dal 1998 dalla 64enne Renata Govi Moix, pure amministratice unica come si legge a registro di commercio.
Lo stesso Dss, dando l'okay provvisorio, aveva tuttavia constatato come "principale lacuna" i requisiti di formazione del personale (servono infatti competenze pedagogiche, sociali o sanitarie comprovate nel settore). La donna figura tra questi casi. Come condizione all'esercizio, scrive il Dss sempre nel 2001, "migliorare le prestazioni a breve scadenza".
Grazie a una certa tolleranza, dovuta ai tanti asili già aperti prima del nuovo regime di autorizzazione, passano tre anni prima che la donna decida di mettersi in regola con la sua struttura, a cui vengono comunque limitate le prestazioni offerte ai bimbi. Non a torto, come risulta all'Inchiesta.
Un ex dipendente dichiara infatti di aver assistito, in due occasioni, ai modi poco ortodossi usati da Govi Moix con alcuni piccoli ospiti. "La bimba" racconta all'Inchiesta, "aveva ripreso a piangere. Lei le pose la mano sulla bocca con violenza, tappandole anche il naso". "La piccola faticava anche a respirare ma continuava a piangere. La donna le prese la nuca e si mise a premere quel viso innocente contro il petto, mentre la piccola agitava inutilmente le braccine".
Vi sarebbero anche presunte irregolarità contabili ai danni del personale impiegato (giovani donne ticinesi e frontaliere) e di lacune nella sicurezza. Alcuni genitori, afferma un'altra ex dipendente, avrebbero sporto denuncia contro la donna per presunti maltrattamenti. Denunce che non risulta tuttavia in grado di dimostrare. In merito, Ivan Pau-Lessi, direttore dell'Ufficio giovani, maternità e infanzia (Ugmi), si dice ignaro, almeno fino al giugno 2004. Data in cui scadono tutte le autorizzazioni: il Dss vieta a Govi-Moix di "esercitare come direttrice".
Ma lei insiste: ritenendo di avere sufficiente esperienza, ricorre al CdS contro tale decisione. Ricorso accolto a sorpresa siccome, formalmente, le direttive del Dss non hanno valore giuridico per vietarle il lavoro. E quindi la donna rimane al suo posto.
In dicembre, l'Ugmi le intima nuovamente di "aggiornare" la sua richiesta di autorizzazione entro gennaio 2005. In febbraio la decisione del Dss: alla donna viene vietato di continuare il suo lavoro e viene ordinata la chiusura dell'asilo, informa Pau-Lessi. Interpellata, Carla non ha preso posizione. "Siamo molto sorpresi dalle accuse" risponde il suo legale Nadir Guglielmoni, che riconosce solo un "mancato rispetto di pure formalità procedurali", mentre afferma che la donna "gode di comprovata esperienza nel settore".
Nota: questa mia indagine ha portato all'arresto della donna e alla sua definitiva condanna. Dopo la pubblicazione, la giornalista Katia Ranzanici della trasmissione RSI "Falò" mi telefona per poter riprendere lo scoop, poi trasmesso. Da quel momento, tutti i media del Ticino si scatenano sulla vicenda.
Lo stesso Dss, dando l'okay provvisorio, aveva tuttavia constatato come "principale lacuna" i requisiti di formazione del personale (servono infatti competenze pedagogiche, sociali o sanitarie comprovate nel settore). La donna figura tra questi casi. Come condizione all'esercizio, scrive il Dss sempre nel 2001, "migliorare le prestazioni a breve scadenza".
Grazie a una certa tolleranza, dovuta ai tanti asili già aperti prima del nuovo regime di autorizzazione, passano tre anni prima che la donna decida di mettersi in regola con la sua struttura, a cui vengono comunque limitate le prestazioni offerte ai bimbi. Non a torto, come risulta all'Inchiesta.
Un ex dipendente dichiara infatti di aver assistito, in due occasioni, ai modi poco ortodossi usati da Govi Moix con alcuni piccoli ospiti. "La bimba" racconta all'Inchiesta, "aveva ripreso a piangere. Lei le pose la mano sulla bocca con violenza, tappandole anche il naso". "La piccola faticava anche a respirare ma continuava a piangere. La donna le prese la nuca e si mise a premere quel viso innocente contro il petto, mentre la piccola agitava inutilmente le braccine".
Vi sarebbero anche presunte irregolarità contabili ai danni del personale impiegato (giovani donne ticinesi e frontaliere) e di lacune nella sicurezza. Alcuni genitori, afferma un'altra ex dipendente, avrebbero sporto denuncia contro la donna per presunti maltrattamenti. Denunce che non risulta tuttavia in grado di dimostrare. In merito, Ivan Pau-Lessi, direttore dell'Ufficio giovani, maternità e infanzia (Ugmi), si dice ignaro, almeno fino al giugno 2004. Data in cui scadono tutte le autorizzazioni: il Dss vieta a Govi-Moix di "esercitare come direttrice".
Ma lei insiste: ritenendo di avere sufficiente esperienza, ricorre al CdS contro tale decisione. Ricorso accolto a sorpresa siccome, formalmente, le direttive del Dss non hanno valore giuridico per vietarle il lavoro. E quindi la donna rimane al suo posto.
In dicembre, l'Ugmi le intima nuovamente di "aggiornare" la sua richiesta di autorizzazione entro gennaio 2005. In febbraio la decisione del Dss: alla donna viene vietato di continuare il suo lavoro e viene ordinata la chiusura dell'asilo, informa Pau-Lessi. Interpellata, Carla non ha preso posizione. "Siamo molto sorpresi dalle accuse" risponde il suo legale Nadir Guglielmoni, che riconosce solo un "mancato rispetto di pure formalità procedurali", mentre afferma che la donna "gode di comprovata esperienza nel settore".
Nota: questa mia indagine ha portato all'arresto della donna e alla sua definitiva condanna. Dopo la pubblicazione, la giornalista Katia Ranzanici della trasmissione RSI "Falò" mi telefona per poter riprendere lo scoop, poi trasmesso. Da quel momento, tutti i media del Ticino si scatenano sulla vicenda.