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Lasciati liberi
i baroni della canapa

 

La maxi operazione "indoor" ha portato al fermo solo di alcune figure minori del business in Ticino. Non i titolari della maggiore coltivazione coperta della droga...

L'Inchiesta, gennaio 2006

Nell'inchiesta "indoor" condotta dal procuratore pubblico Antonio Perugini, gli inquirenti sono riusciti con molto zelo a bloccare e condannare alcuni semplici commessi di canapai. Ma si sono lasciati sfuggire alcune figure chiave del mega business.

Tra cui i titolari della maggiore serra coperta del cantone, la Bona Essenze a Giubiasco, poi soprannominata la "fortezza della canapa": V. C. (nome noto all'autore), che ha finanziato la struttura, e il figlio A., direttore, ricchi cittadini italiani residenti a Bissone.

Nel maggio 2003, gli inquirenti sequestrano la ditta e 140 chili di droga. In ottobre, l'amministratore unico Albino Frigeri viene prosciolto dalle accuse di infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti. Ma dei due Colombo invece nessuna traccia: sono uccel di bosco in Italia.

Una fuga facile la loro, come per un altro "pesce grosso" italiano che befferà la polizia. Un mese più tardi, dopo circa sei di latitanza, colpo di scena: i due varcano spontaneamente le porte di Via Pretorio 16 a Lugano per costituirsi. Sono difesi dal noto e influente penalista John Noseda, già presidente del partito socialista (Ps) ticinese e oggi contestato membro della commissione di cinque esperti che nominano i magistrati.

Compresi i Giudici dell'istruzione e dell'arresto (Giar) che, nel 2003, sono Franco Lardelli (di area Ppd), Ursula Züblin (Plr) e Edy Meli (Ps), coordinatore di turno delle attività dei colleghi. Lardelli allora vigilava sul caso dei buchi milionari a Banca Stato, patrocinata dallo stesso Noseda. Del fermo o meno dei clienti di Noseda se ne sarebbe potuta occupare Züblin, ma il caso ha voluto che fosse Meli, nonostante stesse già vigilando sul caso Roger Etter.

Risultato: li interroga e li rilascia entrambi, malgrado V. C. sia stato colpito da un ordine d'arresto internazionale. Questo sulla base di «decisioni motivate» che Meli non spiegherà mai. In pratica, per i clienti dell'esperto che ha partecipato alla sua nomina a Giar, non vengono ravvisati né bisogni istruttori né indizi di colpevolezza.

Ma è un caso che V. C. e A. si rendano latitanti proprio all'inizio di "indoor"? Se non navigavano in cattive acque, allora perché costituirsi difesi dal noto legale? Perché Meli, come suo dovere, non ravviserà mai nulla sull'operato di Perugini?

Ma soprattutto, può un giudice essere imparziale con i clienti di chi l'ha valutato e appoggiato? Incognite che verranno confermate nel 2004: due soci italiani in affari con A. in tre società di coltivazione di canapa, da lui gestite, vengono condannati ma lui no. Perché?

Di recente la presunta indipendenza della giustizia è stata messa sotto accusa. Noseda «usa» la commissione di cui fa parte a suo vantaggio, mettendo «sotto pressione» i magistrati che ha contribuito a valutare, denunciano i deputati leghisti Luciano Poli e Pierre Rusconi. Nel settembre 2005, il giornalista Sidney Rotalinti lo accusa di «scegliere» i procuratori che devono giudicare i suoi clienti. Né Noseda né Perugini hanno rilasciato commenti.

Un altro caso. L'italiano Luca Barghini è ricercato da oltre due anni per aver fondato, nel 2000, assieme al "guru" internazionale della canapa Scott Blakey, la Gene bank technology (Gbt) di Sementina, ditta in affari con la Bona Essenze e che nel giro di pochi anni genera un business di 10 milioni di franchi.

Barghini non solo ha avuto imprecisati «guai giudiziari» col suo canapaio a Chiasso, ma è colui che «organizzava il traffico» di canapa, che ha «fregato» Blakey e che, tramite la produzione di olio di canapa, aveva «l'obiettivo di coprire l'attività illecita» della Gbt. Parole del giudice Mauro Ermani durante il processo a Blakey che, come Werner Nussbaumer, subentrato a Barghini nella Gbt nel 2002, verrà mantenuto agli arresti e condannato.

Barghini invece, prima dell'operazione "indoor", dopo aver abitato ad Arogno, Cureglia e Mezzovico fino al 2002, è tranquillamente riuscito a darsi alla fuga in Italia senza che gli inquirenti muovessero un dito per trattenerlo. Dalle Marche, come indicano alcune fonti, oggi si trova in Toscana, dove per gli inquirenti ticinesi sarebbe introvabile.

In realtà c'è chi sa dove sia. Ultimi in ordine di tempo, i giornalisti della Televisione della Svizzera italiana (Tsi) che nel giugno 2005 lo intervistano in Toscana a casa sua circa i rapporti d'affari tra lui e Nussbaumer nella Gbt.

Di fatto Barghini non si è mai veramente nascosto, anzi: nel 2002 compare con Blakey in un documentario italiano che fa il giro delle sale della penisola. Oppure ancora nel 2003: è grazie a lui che vengono girate alcune scene di un film italiano in una villa a Comano che avrebbe abitato. Film coprodotto dalla stessa Tsi.

Non è noto se Barghini sia stato colpito da una richiesta d'estradizione: né il magistrato che dovrebbe dargli la caccia, Antonio Perugini, né il suo legale Filippo Ferrari hanno risposto alle domande de L'Inchiesta. E se richiesta v'è stata, Barghini può opporvisi, non avendo peraltro nessun interesse a farsi vivo in Ticino.